Aggressioni personale sanitario, OPI Trieste: «Aggredire chi cura è una pessima idea, servono norme applicate»
Nel corso della diretta trasmessa su Trieste Cafe, il presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Trieste, Michael Valentini, ha analizzato in modo diretto e pragmatico la crescita delle aggressioni al personale sanitario, in particolare negli ambienti più esposti come i pronto soccorso e i servizi di salute mentale.
Norme esistono, ora serve applicarle davvero
Valentini ha ricordato che la normativa a tutela degli operatori sanitari è stata rafforzata negli anni successivi alla pandemia, con misure che prevedono anche l’inasprimento delle pene per chi aggredisce medici, infermieri e operatori. L’obiettivo, spiega, dovrebbe essere chiaro:
creare un deterrente concreto e immediato.
Secondo il presidente OPI, non basta avere leggi, occorre che le istituzioni garantiscano esempi tangibili nella pratica: «chi colpisce chi sta lavorando per aiutare deve ricordarsene».
Formazione e tecniche di de-escalation
Alla base della tutela degli operatori c’è anche la formazione. Valentini ha illustrato come gli infermieri siano addestrati a riconoscere segnali precoci di aggressività: tono di voce alterato, gesti nervosi, agitazione. Da lì vengono applicate procedure per proteggere se stessi e gli altri pazienti, fino all’attivazione del supporto delle forze dell’ordine quando necessario.
Supporto psicologico: un fronte da non trascurare
Tra i principali effetti delle aggressioni c’è il burnout, detto senza mezzi termini:
è una delle cause principali di abbandono della professione e di fuga dalla sanità pubblica.
Secondo Valentini, il sostegno psicologico attivato dalle aziende sanitarie è fondamentale, ma va rafforzato. Gli episodi violenti, anche se apparentemente circoscritti, lasciano segni profondi sulle persone.
Questione culturale e sfiducia verso la sanità
Valentini evidenzia come la pandemia abbia modificato drasticamente il rapporto tra cittadini e professionisti sanitari:
prima acclamati come eroi, poi accusati e colpevolizzati.
Una sfiducia che può trasformarsi in violenza gratuita, aggravata da casi di abuso di alcol, sostanze e frustrazione per tempi d’attesa e situazioni emotive difficili.
Il presidente OPI invita a una responsabilità collettiva: non solo interventi istituzionali, ma educazione, informazione e rispetto reciproco.
«Quando si colpisce un sanitario, la tolleranza deve essere zero».
Un messaggio semplice, urbano, civile.
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