Morte nel Porto Vecchio, Paglia (PD): «Tragedia annunciata e responsabilità politiche evidenti»
La morte del cittadino algerino di 32 anni, rinvenuto senza vita in un edificio abbandonato del Porto Vecchio nel giorno dello sgombero dei richiedenti asilo dall’area, scuote Trieste e riaccende un dibattito che non può essere liquidato come fatalità. La segretaria del Partito Democratico cittadino, Maria Luisa Paglia, parla apertamente di «tragedia annunciata».
«Situazione nota, ignorata e denunciata»
Paglia ricorda come già nell’ottobre 2024 fosse stata segnalata formalmente la situazione di grave pericolo in cui si trovavano i migranti presenti in città. Un esposto, presentato dall’associazione Avvocato di Strada alla Procura della Repubblica e al Prefetto, aveva descritto in modo dettagliato criticità concrete: mancanza di posti in accoglienza, assenza di ricoveri di bassa soglia, trasferimenti non tutelati e ritardi sulle strutture destinate ad aumentare la capienza.
Secondo la segretaria del PD, quella denuncia era chiarissima: l’inerzia avrebbe potuto avere conseguenze drammatiche. «Oggi – afferma – quelle conseguenze sono diventate realtà».
Critiche alla Giunta: «Sgomberi invece di soluzioni»
Paglia accusa l’Amministrazione comunale di aver adottato una linea basata su sgomberi e propaganda, rinunciando alla prevenzione e ignorando appelli, dati e proposte provenienti dal territorio, dal terzo settore e perfino da atti ufficiali indirizzati alla magistratura.
Il dato più grave, secondo il Partito Democratico, è la persistenza di un piano freddo limitato a 20 posti. Un numero giudicato totalmente insufficiente, soprattutto nei mesi invernali, per chi non trova ospitalità nei centri e necessita di un riparo minimo per non dormire all’aperto.
«Serve una svolta immediata»
Il PD chiede un cambio di passo chiaro e urgente: potenziamento della bassa soglia, sistema di accoglienza realmente operativo e collaborazione seria tra Comune, Prefettura e terzo settore. La prospettiva indicata è quella di una città che metta al centro l’umanità delle persone, non la loro rimozione dagli spazi pubblici.
«Serve smettere di considerare queste persone come un problema da spostare e iniziare a trattarle come esseri umani. Trieste – conclude Paglia – non può permettere che accada ancora».