Trieste Animal Day lancia l'allarme: «Coronavirus non ha fermato la caccia»

Da Trieste Animal Day

L'emergenza Coronavirus non ha fermato le attività venatorie in Italia e in molte Regioni malgrado i veti e le misure di contenimento molte volte viene incrementata ulteriormente.
La “caccia e le attività sussidiarie sono escluse da quelle che sono state autorizzate in quanto non prorogabili”.
La caccia non è un bene essenziale di sopravvivenza in questo periodo di grave crisi pandemica dovuta al Coronavirus, ma bensì è un chiaro atto terroristico che l'uomo commette verso la fauna selvatica provocando gravi danni all'ambiente.
Il quadro delineato dalla nota congiunta di alcune associazioni, riportata che è allarmante: in alcuni casi si arriva persino a violare le leggi e i decreti del presidente del Consiglio dei ministri che hanno stabilito le restrizioni agli spostamenti e alle attività consentite all’aperto.
particolare, “Emilia-Romagna e Veneto continuano a mantenere attivi o ad attivare i piani di controllo della fauna selvatica non solo con personale pubblico che potrebbe essere impiegato diversamente in questo periodo, ma anche con l’ausilio di operatori privati, ovvero cacciatori, consentendo loro di spostarsi all’interno delle rispettive province a nonostante le limitazioni introdotte per contenere il contagio”.
La Sardegna ha, invece, “approvato una norma (“incostituzionale”, sottolineano le associazioni) sul controllo faunistico, dando la possibilità al proprietario di un fondo agricolo di coinvolgere liberamente, attraverso una delega, il cacciatore di turno e nonostante le sei sentenze della Corte Costituzionale che hanno bocciato analoghe leggi proprio perché introducevano figure private non contemplate dalla legge nazionale 157 del 1992 sulla tutela della fauna”.
Il Piemonte “ha formulato un nuovo disegno di legge per “regalare” ai cacciatori possibilità di sparo per altre 15 specie (delle quali molte versano in stato di conservazione sfavorevole), cancellando invece la norma che avrebbe consentito ai proprietari dei fondi di vietare la caccia sui propri terreni.
Anche la Puglia “ha recentemente emanato un provvedimento che prevede l’aumento del numero dei rappresentanti delle associazioni venatorie nelle commissioni esami per il rilascio della licenza di caccia, da 3 a 6, a discapito della componente ambientalista.
Infine la Regione Lazio, che “ha approvato una norma per la caccia nelle “aree contigue” del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, dove vive l’orso marsicano già a rischio di estinzione”.
”Tutte queste misure definisvono l’illecita flessione della tutela ambientale e della fauna prevista dalla normativa nazionale e perseguono il solo obiettivo di incrementare la lobby venatoria che, si ribadisce, è un'attività nefasta, violando addirittura i Dpcm emanati a tutela della salute pubblica. Questo atteggiamento va condannato, in un momento in cui dovremmo tutti sostenere le iniziative di sicurezza del Governo e operare solo e unitamente per il bene comune”, incrementando incentivi e contributi a progetti per la tutela della pastorizia e dell'agricoltura che devono essere assolutamente sostenibile.