Monica Canciani: “Primo sciopero nella storia dei farmacisti, chiediamo solo dignità e riconoscimento”

Monica Canciani: “Primo sciopero nella storia dei farmacisti, chiediamo solo dignità e riconoscimento”

“Cari concittadini, vi chiedo di portare pazienza”. Con queste parole la consigliera comunale e farmacista Monica Canciani si è rivolta oggi ai triestini per spiegare i motivi dello sciopero nazionale dei farmacisti dipendenti, il primo nella storia della categoria.

“Probabilmente oggi – ha scritto Canciani – ci saranno dei disguidi in alcune farmacie, ma il servizio minimo sarà comunque garantito”. La consigliera, che da anni si batte per i diritti della professione e gestisce una community online con oltre 11 mila iscritti, ha voluto raccontare in prima persona le ragioni di una protesta che arriva dopo mesi di tensione tra lavoratori e Federfarma.

“Un contratto scaduto e stipendi fermi”
Canciani denuncia il mancato rinnovo del contratto collettivo, scaduto nel 2024, e la bocciatura da parte di Federfarma della richiesta di un aumento di 360 euro lordi al mese, cifra che secondo la consigliera servirebbe “a recuperare il potere d’acquisto eroso dall’inflazione e a riconoscere il valore delle nuove mansioni che oggi svolgiamo”.
Con la cosiddetta farmacia dei servizi, infatti, le responsabilità e le competenze dei farmacisti sono cresciute, ma gli stipendi sono rimasti invariati.

“Non chiediamo privilegi ma giustizia”
Ricordando l’ultimo rinnovo del 2021 – arrivato dopo otto anni di attesa e in piena pandemia – Canciani ha sottolineato che “gli 80 euro di aumento allora previsti venivano di fatto pagati dai neoassunti, che devono maturare i 40 giorni di permesso solo dopo sei anni di lavoro. Una situazione inaccettabile”.

Oggi, spiega, la retribuzione media di un farmacista dipendente “si attesta sui 10,90 euro lordi l’ora, una cifra che non riflette né gli anni di studio né la responsabilità civile e penale che il ruolo comporta”. A ciò si aggiungono costi come la previdenza integrativa obbligatoria (850 euro l’anno) e la formazione professionale continua, spesso a spese dei lavoratori stessi.

“Amiamo il nostro lavoro, ma la pazienza è finita”
La consigliera conclude con un appello accorato:

“Amiamo profondamente la nostra professione e la svolgiamo con passione, ma non possiamo più accettare che la nostra dedizione venga sottovalutata. Non è una crisi di vocazione, ma il frutto di un mancato riconoscimento retributivo che si protrae da anni”.

Secondo Canciani, la carenza di farmacisti in molte zone d’Italia è “un segnale d’allarme che non può più essere ignorato. Se la professione viene abbandonata, è perché non è più sostenibile, non perché manchino persone disposte a servire la collettività”.