La pesca a strascico riduce la biodiversità del Mediterraneo
Le attività di pesca e alcune variabili oceanografiche influenzano in maniera significativa la biodiversità delle comunità di organismi che vivono a contatto con i fondali del Mar Mediterraneo. È quanto emerge da un recente studio pubblicato sulla rivista internazionale Scientific Reports realizzato dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS e dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - ISPRA.
Utilizzando modelli statistici applicati a dati raccolti tra il 2014 e il 2020 in tre sotto-regioni del Mediterraneo (il Mare Adriatico, il Mar Ionio e il Mar Mediterraneo Centrale, il Mar Tirreno e il Mar Mediterraneo Occidentale), lo studio ha permesso di distinguere l’impatto della pesca a strascico rispetto ad altri fattori.
“Nonostante l’importanza della biodiversità, esistono poche valutazioni su larga scala che ne quantifichino le variazioni in relazione all’impatto umano” racconta Davide Agnetta, ricercatore della Sezione di Oceanografia dell’OGS e primo autore dell’articolo. “Studi precedenti sulla biodiversità del Mediterraneo si sono concentrati su habitat costieri e comunità locali, spesso con dati limitati. Questa ricerca invece si concentra su una scala geografia abbastanza ampia e su monitoraggi standardizzati” aggiunge Agnetta.
Per le analisi sono stati infatti utilizzati i dati in Open Access forniti dal Joint Research Centre (JRC), il centro di ricerca comune della Commissione Europea, e relativi al Mediterranean International Trawl Survey, un programma internazionale di monitoraggio scientifico delle risorse dei fondali nel Mar Mediterraneo, attivo dal 1994. I dati sono stati utilizzati per calcolare due indici di biodiversità: la diversità alfa (il numero effettivo di specie in una comunità) e la diversità beta (una misura della differenza di specie tra diverse comunità). Modelli statistici sono stati poi applicati per spiegare le variazioni degli indicatori di biodiversità in funzione delle variabili ambientali e della pressione di pesca.
I risultati indicano che variabili ambientali (come la profondità, la temperatura, la concentrazione di ossigeno o il tipo di substrato) e alcune attività di pesca influenzano la biodiversità in modo diverso a seconda dell’area, mentre lo strascico di fondo ha ovunque un effetto negativo sulla biodiversità e, di conseguenza, anche sulle risorse a disposizione per la pesca.
È stato inoltre osservato che le aree meno impattate dallo strascico presentano valori più elevati di diversità beta, indicando una maggiore unicità e variabilità nella composizione delle comunità. Le analisi hanno evidenziato anche che specie commerciali importanti (come nasello, pagello, triglia) sono più abbondanti nelle zone meno impattate.
Lo strascico di fondo è noto per ridurre abbondanza e taglia delle specie che vivono a contatto con il fondale marino e i risultati dello studio sembrano confermarlo: in alcune aree con forte pressione di pesca, risultano più abbondanti pesci pelagici piccoli e cefalopodi, probabilmente per la riduzione dei predatori.
Inoltre, emerge dallo studio che specie sensibili come razze e squali, pur presenti in basse quantità, sono più frequenti nei siti meno disturbati. Questi risultati sono coerenti con quanto osservato in studi precedenti nel Mare del Nord, dove la pesca riduce le popolazioni di specie con ciclo vitale lento e vulnerabili allo sfruttamento. Ciò suggerisce che anche le variazioni nella biomassa di specie vulnerabili possano essere indicatrici degli impatti umani come la pesca.
“Questo studio, considerando gli effetti congiunti della pesca e delle variabili ambientali in un contesto geografico ed ecologico ampio, ci permette di fare un ulteriore passo in avanti verso la definizione di strumenti per tutelare la biodiversità e le risorse ittiche del Mediterraneo” conferma Saša Raicevich, primo ricercatore presso ISPRA. “In futuro sarà necessario valutare anche lo scenario introdotto dai cambiamenti climatici in corso”.
Questa ricerca, in conclusione, rappresenta un contributo importante per comprendere la vulnerabilità degli ecosistemi marini mediterranei e della loro biodiversità e per sviluppare strategie efficaci di conservazione e gestione delle risorse, più sostenibili e localmente differenziate, in linea con la Direttiva Quadro Strategia per l’Ambiente Marino elaborata dall’Unione Europea per la governance del mare.