“Buio pesto”, a Natale Trieste scende in strada contro sgomberi, freddo e diritti calpestati

“Buio pesto”, a Natale Trieste scende in strada contro sgomberi, freddo e diritti calpestati

Trieste, 25 dicembre. Non un Natale di luci decorative, ma di fiaccole accese contro ciò che viene definito senza mezzi termini “buio pesto”. È da qui che parte l’intervento del presidente del Centro di Accoglienza Ernesto Balducci, pronunciato all’inizio della fiaccolata in solidarietà con i migranti, svoltasi nel giorno di Natale tra il Porto Vecchio, piazza Oberdan e piazza Libertà.

Un intervento lungo, articolato, fortemente politico e civile, che ha accompagnato l’avvio di un corteo partecipato nonostante la bora e il gelo, e che ha messo al centro non la celebrazione, ma la denuncia.

Quando il Natale non basta a nascondere il buio

Nel suo discorso, il presidente del Balducci smonta l’idea di un Natale ridotto a cornice luminosa. Le luci, afferma, “fanno allegria, creano il clima della festa”, ma non sono la festa. Il buio vero emerge quando si sceglie l’indifferenza, quando la solidarietà viene criminalizzata, quando la pace viene affidata alla corsa agli armamenti invece che alla giustizia e al dialogo.

Un elenco serrato di esempi concreti attraversa l’intervento: dall’arresto di attivisti per la solidarietà internazionale, fino alle tragedie nel Mediterraneo, come l’imbarcazione affondata la notte della vigilia di Natale davanti alle coste libiche, con 116 morti su 117 migranti a bordo, nonostante l’SOS lanciato.

Morti di freddo e responsabilità negate

Il cuore più duro dell’intervento riguarda il territorio. Quattro giovani migranti, morti in pochi giorni in regione a causa del freddo, vengono ricordati uno a uno, con nome e identità. Non numeri, ma persone. Morti che, secondo il Balducci, non sono solo conseguenza delle temperature, ma del venir meno delle responsabilità istituzionali, dell’abbandono di centinaia di persone in strada, della negazione sistematica di diritti e dignità.

Parole forti anche contro il linguaggio amministrativo che parla di “sgomberi” riferendosi ai migranti nei capannoni del Porto Vecchio, e contro una gestione che “libera le città dagli emarginati e non dall’emarginazione”.

Strutture di massa, detenzione amministrativa e invisibilità

L’intervento denuncia apertamente anche il ricorso a strutture di accoglienza di massa, come l’ex caserma Cavarzerani di Udine, e la detenzione amministrativa nel CPR di Gradisca, definita una negazione del diritto alla libertà personale per persone che non hanno commesso alcun reato.

Viene citata anche una notizia delle stesse ore: trecento migranti, molti dei quali impiegati in agricoltura in Friuli, lasciati al freddo e senza acqua calda sotto un tendone. Un quadro che restituisce l’immagine di un sistema che tollera l’invisibilità degli ultimi finché non disturba.

Indignazione come punto di partenza

Non solo denuncia, però. Il filo che tiene insieme l’intervento è l’indignazione come motore collettivo. È da lì, ricorda il presidente del Balducci, che nasce il coordinamento regionale di enti, associazioni e realtà del Terzo Settore impegnate nella difesa dei diritti inalienabili delle persone, contro l’odio crescente verso gli ultimi, migranti e non.

Un’indignazione che aveva già portato, l’11 dicembre, a un presidio davanti al Consiglio regionale per chiedere l’utilizzo dei fondi destinati all’emergenza freddo, soprattutto nei territori di confine.

Un Natale in cammino, dal Porto Vecchio al centro città

“Luce tra gli ultimi. Un Natale in cammino” è il titolo scelto per la fiaccolata. Un titolo che diventa programma. Il corteo parte simbolicamente dal Porto Vecchio, luogo di rifugio e insieme di abbandono, per portare gli ultimi al centro della città, renderli visibili, riconosciuti nei loro bisogni e nei loro diritti.

Il cammino, volutamente breve e al passo del più lento, è pensato per includere famiglie, giovani, anziani, bambini, persone con difficoltà motorie e chi si sente solo. Un percorso che si snoda in tre tappe, con soste musicali e momenti simbolici, fino a piazza Libertà, davanti alla stazione ferroviaria.

Condivisione e accoglienza concreta

L’arrivo in piazza Libertà non è solo simbolico. Qui, come spiegato nell’intervento, avviene la condivisione della cena con i migranti assistiti ogni sera da Linea d’Ombra, dai Fornelli Resistenti e da altre realtà associative, laicali ed ecclesiali, impegnate nell’assistenza sanitaria, nella cura dei piedi di chi arriva dalla Rotta balcanica, nella distribuzione di cibo, vestiti e scarpe.

Un gesto semplice, ma carico di significato: permettere a chi vive ai margini di “tirare un sospiro di sollievo nel sentirsi accolto nella propria dignità”.

Trieste, memoria e futuro

Nella parte finale del discorso emerge anche una riflessione sulla città. Una Trieste che fu più grande, cosmopolita, abitata da genti venute da tutto il mondo. Senza idealizzazioni, ma con la consapevolezza che l’accoglienza è parte della sua storia. Un desiderio espresso con chiarezza: tornare a esserlo, perché i migranti non sono un problema, ma un dono, capaci di mettere in discussione le nostre vite.

L’intervento si chiude con una citazione di Umberto Saba, evocando l’infinito che si ritrova nell’umiltà, e con un augurio che è anche un invito: buon cammino.

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