Casa della Comunità al Maggiore, AVS : “Non è un potenziamento se si indebolisce la prossimità”
L’apertura della Casa della Comunità all’ospedale Maggiore di Trieste, attiva 24 ore su 24, viene valutata con cautela da Alleanza Verdi e Sinistra. Serena Pellegrino, consigliera regionale AVS, ed Elisa Moro, segretaria di Sinistra Italiana Trieste, riconoscono che la nuova struttura può rappresentare una risposta utile, in particolare se il Punto unico di accesso sarà realmente in grado di orientare i pazienti e intercettarne i bisogni.
Allo stesso tempo, però, le due esponenti politiche mettono in discussione la narrazione del “potenziamento”, sottolineando come l’operazione rischi di configurarsi più come una riorganizzazione interna che come un reale rafforzamento dei servizi.
Il nodo delle risorse e del personale
Secondo Pellegrino e Moro, parlare di potenziamento non è corretto se l’attivazione della Casa della Comunità avviene attraverso lo spostamento di personale già in servizio, lasciando scoperti presidi esistenti. Una dinamica che, a loro avviso, è già stata sperimentata in passato.
A Trieste, ricordano, i presidi di prossimità esistono ma sono stati progressivamente indeboliti. È il caso dei consultori familiari, ridotti nel numero e nella capacità di risposta, una questione che AVS ha portato anche all’attenzione del Consiglio regionale. Ora, secondo le due esponenti, lo stesso schema rischia di ripetersi sulle microaree.
Il ruolo delle microaree
Le microaree vengono definite da Pellegrino e Moro come il presidio più vicino ai cittadini, quello capace di intercettare fragilità e bisogni prima che si trasformino in emergenze. Presidi territoriali riconosciuti, diffusi nei rioni, che svolgono una funzione di osservatorio dei bisogni e di lavoro di comunità.
Il timore espresso è che, per far funzionare la Casa della Comunità, si possano sottrarre infermieri e competenze proprio alle microaree. Un’operazione che, secondo AVS, svuoterebbe la prossimità reale e creerebbe un vuoto nel punto della rete che sostiene la prevenzione e la presa in carico quotidiana.
“Un gioco a risiko con la sanità pubblica”
Nella loro analisi, Pellegrino e Moro utilizzano un’immagine netta: spostare risorse da un presidio all’altro senza rafforzare il sistema nel suo complesso equivale a un “gioco a risiko” con la sanità pubblica. Si muovono le pedine, sostengono, ma si finge che la mappa sia migliorata, mentre in realtà si indeboliscono i nodi più delicati della rete territoriale.
La richiesta di trasparenza
Le preoccupazioni non vengono presentate come astratte. AVS ricorda di aver già chiesto in Regione trasparenza e tempi certi sulle Case della Comunità, evidenziando come i territori non possano vivere di annunci.
Viene citato il caso di Sacile, segnato da ritardi e incertezze, come esempio di ciò che accade quando le promesse non sono accompagnate da un piano concreto sul personale e sui servizi realmente operativi.
La domanda centrale
La posizione di Pellegrino e Moro si concentra infine su una domanda ritenuta fondamentale: a cosa serve aprire nuovi spazi se non esiste un piano di nuove assunzioni e di rafforzamento stabile dei servizi?
Se l’attivazione H24 della Casa della Comunità al Maggiore dovesse avvenire impoverendo le microaree, la conclusione è netta: non si starebbe costruendo sanità territoriale, ma semplicemente spostando le persone e le risorse da un punto all’altro della città, senza risolvere i problemi strutturali del sistema.