IL SEGNO DELL’ARTIERE un museo per Ugo Carà”, da venerdì al via la mostra a Muggia

IL SEGNO DELL’ARTIERE un museo per Ugo Carà”, da venerdì al via la mostra a Muggia

Da venerdì 3 maggio 2024, presso il Museo d’Arte Moderna “Ugo Carà” di Muggia, è visitabile la mostra “IL SEGNO DELL’ARTIERE un museo per Ugo Carà”, un’occasione espositiva curata da Massimo Premuda e organizzata dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Muggia, per riparlare dello scultore Ugo Carà (Muggia, 1908 – Trieste, 2004) a vent’anni dalla morte, e per riflettere sul suo lascito e sul futuro del museo a lui intitolato. La mostra presenta per la prima volta al pubblico in maniera unitaria e coerente tutti gli oltre 100 pezzi della Collezione Carà donati dal maestro al Comune di Muggia nel 1999, embrione del Museo inaugurato nel 2006, con importanti focus sulla scultura con bronzetti, grandi fusioni e modelli di monumenti dal 1926 al 1999, sulla pittura, disegno, acquerello, grafica e collage dal 1926 fino alla fine degli anni Novanta, ma anche sul design, arti decorative e medaglistica praticati dal 1929 al 1999. Altri approfondimenti sono dedicati al nudo maschile, che abbandonò dalla metà degli anni Cinquanta per dedicarsi esclusivamente alla figura femminile, e alla decorazione navale, che praticò dal 1949 al 1963 su famosi transatlantici e dal 1956 al 1976 insegnando arredamento navale e d’interni all’Istituto Statale d’Arte Nordio di Trieste, ben rappresentata dal grande bassorilievo bronzeo “Il castigo delle vergini” del 1949, esposto con successo nel 1985 al Centre Pompidou di Parigi in occasione della mostra “Le bateau blanc” nell’ambito della manifestazione “Trouver Trieste”.

In mostra inoltre le immagini del giovane fotografo Davide Maria Palusa che documentano i monumenti triestini ai “Caduti sul Lavoro” di Largo Irneri e ai “Martiri delle Foibe” del Parco della Rimembranza della fine degli anni Novanta ma anche la celebre “Nuotatrice” alla fontana di Barcola, dei quali si conservano in museo i tre modelli bronzei in scala. E ancora tanto prezioso materiale d’archivio, come il video del regista Aljoša Žerjal girato in occasione della personale antologica allestita al Circolo Assicurazioni Generali nel 2000; inviti, pieghevoli, cataloghi, lettere e articoli provenienti dall’Archivio del grande critico Sergio Molesi; ma anche i disegni originali e i modelli in scala del progetto del museo realizzati dallo studio starassociati capitanato dall’architetto Roberto Dambrosi, sezione curata dal giovane studioso Saša Banchi, laureando all’Università degli Studi di Udine con una tesi proprio sulla genesi del museo e sulla sua programmazione dal 2006 ad oggi. E ancora un visore per la realtà virtuale a disposizione del pubblico per rivedere le mostre temporanee più significative allestite negli ultimi anni al museo restituite nei tour virtuali dell’artista multimediale Antonio Giacomin, e la pubblicazione della guida al museo bilingue, in italiano e inglese, con un’ottantina di immagini delle opere della collezione permanente.

Infine in museo anche due ospiti d’onore d’eccezione: Giuseppe Zigaina (Cervignano del Friuli, 1924 – Palmanova, 2015), presente con tre preziose opere neorealiste su carta della metà degli anni Cinquanta dalle collezioni del Comune di Muggia, nell’ambito dell’evento regionale “ZIGAINA 100 anatomia di una immagine”, e Giuseppe Capogrossi (Roma, 1900 – Roma, 1972), che con la ripetizione infinita dei suoi rebbi nella tempera su carta “Composizione” del 1954, dialoga con il segno grafico di Carà che, come dichiarato nell’intervista “Ritratto nello studio” raccolta da Marianna Accerboni nel 2003, affermava che: ”Prediligo tutte le discipline artistiche concernenti il segno, cioè la scultura, il disegno, l’incisione e l’architettura.”

La guida al museo si apre con una riflessione e un bilancio da parte del Vicesindaco e Assessore alla Cultura del Comune di Muggia, Nicola Delconte, che dice: “Continuano gli approfondimenti sui grandi artisti muggesani del Novecento, così dopo Aldo Bressanutti, Emanuela Marassi, Dante Pisani e Villibossi, è finalmente arrivato il momento di riparlare dello scultore Ugo Carà a vent’anni dalla scomparsa. Un artista a tutto tondo che ha spaziato dalla pittura alla scultura, dalla grafica al design, dall’architettura d’interni fino alla decorazione navale, e che nel 1999 ha voluto generosamente donare alla nostra cittadina un corpus di oltre 100 opere per raccontare alle nuove generazioni la ricerca artistica e il percorso di vita di un artiere molto prolifico dalla lunghissima carriera, iniziata alla fine degli anni Venti e conclusasi solo alle soglie del terzo millennio. Con la mostra “Il segno dell’artiere, un museo per Ugo Carà” vogliamo quindi riflettere sul suo lascito e rileggere il Museo Carà e la sua collezione permanente a diciotto anni dall’inaugurazione della struttura; un museo di nuova concezione, nato come luogo d’intersezione fra il centro storico e la Muggia fuori dalle mura, in dialogo con il Teatro Verdi e la nuova Biblioteca Guglia.”

E prosegue Massimo Premuda, curatore della mostra, spiegando il concetto dell’iniziativa: “Più che una guida al museo, intendiamo indicare delle coordinate per muoversi all’interno dell’affascinante e poliedrico universo artistico di Ugo Carà a vent’anni dalla morte, attraverso spunti di lettura, suggestioni visive e inviti alla visita. Una vita lunghissima e decisamente prolifica dedicata alla scultura, alla grafica, al design e all’architettura d’interni, che cominciò proprio a Muggia nel 1908 da Nicolò Carabeich, medico condotto di origini dalmate, e Hélène Ladas, di origini greche. Il cognome originale, presto italianizzato in Carabei e infine, forse per l’influenza del Futurismo, riassunto nel nome d’arte Carà, è una firma autorevole che attraverserà tutto il Novecento e che Sergio Molesi negli anni Ottanta descrive come: “Uno di più consapevoli e geniali “artieri” che abbiano operato nella nostra regione nel Novecento.”

L’artiere è chi è dedito a un’arte, un artigiano sensibile e un artista laborioso, e in questa definizione rientra appieno tutto il percorso artistico di oltre settant’anni del nostro Carà. Bellezza, arcaismo, mistero, ellenismo, magia, mitologia, sensualità, sogno, ieraticità, poesia e senso panico, queste le principali ispirazioni che animano tutto il mondo di Carà, caratterizzato da uno stile, un segno e un’eleganza inequivocabilmente contemporanei, e che trovano la loro misura aurea nel bronzetto e nell’incisione. Nel 1929 tenne la sua prima personale ad Atene e da allora partecipò alla più importanti esposizioni italiane e internazionali, allestendo già nei primi anni Quaranta personali di successo alla Biennale di Venezia e alla Permanente di Milano. Sin da giovanissimo attirò l’attenzione di Gio Ponti che pubblicò ripetutamente su Domus i suoi oggetti di design e di Agnoldomenico Pica che sintetizzò così la sua ricerca: “I suoi bronzetti vibrano fra l’eleganza di un capriccio e la maestria di ben bilicati equilibri plastici; più spesso una ispirazione eroica anima il crisma difficile dei movimenti, solleva le accarezzate superfici su cui le luci balzano dalle ombre secondo calcolatissimi accorgimenti, gonfia a un vento epico che sa di lontananze marine i panneggi ricchi e illustri come in una favola omerica; la deliziosa modernità ironizzante dà luogo a un canto più sostenuto e impegnativo dove l’eterna freschezza del mito trova accenti di eroica giovinezza.“, o ancora di Umbro Apollonio che osservò: “In genere le sue figure hanno un respiro dolce e sereno, talora una gracilità lirica come qualcosa di sopravvissuto che va gradatamente scomparendo. Partito da un realismo quasi brutale, è andato gradatamente eliminando il superfluo, sveltendo la tecnica e accentuando la sintesi, sino a cogliere una particolare linearità.”

Proprio la sua linea, cristallizzando il gesto in un segno grafico e sintetico, caratterizzerà tutta la sua produzione dagli anni Trenta in poi, dalla medaglistica alla gioielleria, dall’architettura d’interni per tanti appartamenti, uffici, ville e negozi, fino alla decorazione navale nei cantieri di Trieste, Monfalcone e Genova per famose navi bianche, come Africa, Augustus, Giulio Cesare, Conte Biancamano, Europa, Galileo Galilei, Guglielmo Marconi, Oceanic e Victoria.

Tutte queste esperienze, in una sorta di ritrovato Umanesimo, si intrecciano nelle sue sculture e sono ben condensate nella Figura con drappo del 1980. Un grande bronzo che rappresenta l’estrema sintesi del suo percorso fra arte e vita, razionalità ed organicità, naturale e artificiale, intelletto e sensibilità, funzionale ed espressivo, mente e cuore. La donna, ispirazione quasi esclusiva della sua ricerca, prende qui forma da un semplice foglio di metallo che Carà taglia e piega con maestria per far emergere una figura eterea ed elegantissima con veste e drappo animati da un vento epico che fissa in eterno il chiaroscuro del “panneggio bagnato” dal sapore ellenistico e che ci riporta subito a Fidia. Il viso, incorniciato da un’acconciatura senza tempo, è ieratico mentre i seni, ottenuti con dei volumi essenziali, danno vita a un corpo femminile dal taglio grafico che, in particolare se osservato di profilo, ricorda saettanti figure futuriste, esaltandone così la vitalità e fissandone la giovinezza per i posteri.

Arriviamo così all’ultimo atto della sua vita: la donazione del 1999 al Comune di Muggia di un corpus di un centinaio di opere, embrione del Museo d’Arte Moderna a lui dedicato. Il progetto, disegnato dallo studio starassociati capitanato dall’architetto Roberto Dambrosi e sostenuto dalla Regione FVG e dalla Fondazione CRTrieste, è un raro esempio di edificio costruito ad hoc a fini espositivi. Costituito da due setti che seguono l’andamento delle antiche mura, è caratterizzato all’interno da un duttile sistema di pareti mobili e all’esterno da materiali che rimandano alla passata attività dei cantieri navali di Muggia. Dal 2006 ogni anno il museo organizza decine di occasioni espositive volte alla conoscenza dell’arte moderna e contemporanea e alla valorizzazione degli artisti muggesani del Novecento, e la presente mostra si inserisce proprio in questo filone di riscoperta.”

La mostra potrà essere visitata a ingresso libero fino a domenica 9 giugno 2024 con i nuovi orari di apertura al pubblico: da giovedì a sabato 10-12 e 17-19, domenica e festivi 10-12.

Ugo Carà, nato a Muggia nel 1908, inizia a esporre nel 1928 e nel 1929 tiene la prima mostra personale ad Atene e, da allora, prende parte alle più importanti rassegne regionali, nazionali e internazionali: Biennale di Venezia, Triennale di Milano, Quadriennale di Roma, Quadriennale di Torino, Universale di Parigi e Bruxelles, Internazionale di Scultura di Carrara, e Mostra della grafica italiana a Tokyo, Los Angeles e Città del Messico. Opere dell’artista sono presenti in musei e collezioni private in Italia e all’estero, dal Museo Revoltella di Trieste alla Galleria d’Arte Moderna di Milano, dal Museo Avgust Černigoj di Lipizza in Slovenia al The Mitchell Wolfson Jr. Collection di Miami, fino al Metropolitan Museum di New York. L’attività di Ugo Carà si è indirizzata, oltre che alla scultura, alla pittura e alla grafica, anche al design e all’architettura d’interni. Ne sono testimonianza la partecipazione alle Triennali internazionali delle Arti decorative e industriali di Milano e alle mostre di Arte decorativa italiana all’estero. Suoi progetti di arredamento sono stati realizzati dal 1949 al 1963 su famosi transatlantici, e dal 1956 al 1976 ha insegnato arredamento navale e d’interni all’Istituto Statale d’Arte Nordio di Trieste. L’artista viveva e operava a Trieste con studio in via dei Leo ed è morto nel capoluogo giuliano nel 2004.