“Fuori dal coro” scuote Monfalcone: pizzi su stipendi e denaro destinato a moschee islamiche

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“Fuori dal coro” scuote Monfalcone: pizzi su stipendi e denaro destinato a moschee islamiche

Ha destato grande clamore il servizio andato in onda domenica 19 ottobre 2025 nel corso del programma televisivo “Fuori dal coro”, condotto da Mario Giordano su Retequattro. L’inchiesta, realizzata con telecamere nascoste e testimonianze inedite, ha sollevato gravi accuse su presunti sistemi di estorsione e racket all’interno di alcune ditte in subappalto nei cantieri navali di Monfalcone, dove opera una grande parte della manodopera straniera, in prevalenza di origine bengalese.

Il servizio ha delineato uno scenario inquietante: lavoratori costretti a restituire parte del loro stipendio ai titolari delle aziende, in cambio della possibilità di mantenere il posto di lavoro.

“Per lavorare devi restituire 500 euro al mese”: la denuncia degli operai

Nel corso del servizio, una testimone identificata come Samia, che ha chiesto l’anonimato per paura di ritorsioni, ha raccontato:
Quando un immigrato si presenta per farsi assumere, i capi della ditta si fanno promettere di restituire almeno 500 euro dello stipendio ogni mese. Solo chi accetta viene assunto. È un ricatto.

Un altro lavoratore, intervistato a volto coperto, ha confermato il presunto sistema: “Per mesi ho dovuto ridare parte del mio salario. Se non accettavi, venivi minacciato o cacciato.
Secondo quanto riportato da Fuori dal coro, il giro d’affari legato a questo meccanismo illegale sarebbe milionario, con aziende che nel 2024 avrebbero superato i due milioni di euro di fatturato.

Il caso dell’accoltellamento e le paure tra gli operai

Nel servizio viene citato anche un episodio di violenza avvenuto a gennaio 2025 nei cantieri navali di Monfalcone, a bordo della Star Princess, dove due operai bengalesi si sarebbero accoltellati dopo una lite legata proprio alla restituzione di parte dello stipendio.
Un lavoratore si è ribellato e ha detto che non voleva più restituire una parte della paga. È nata una lite e uno ha accoltellato l’altro”, racconta la voce fuori campo.

Le immagini mostrate da Rete 4 documentano anche un secondo episodio di aggressione, avvenuto poche settimane dopo, che avrebbe coinvolto lo stesso individuo. Il programma sottolinea un clima di paura, silenzio e ritorsioni, con molti operai che “hanno paura di parlare” e preferiscono non denunciare.

“Parte dei soldi finisce alle moschee di Monfalcone”

Uno dei passaggi più delicati del servizio riguarda la presunta destinazione di parte dei fondi estorti:
Parte di questi soldi viene usata per il mantenimento degli imam e per finanziare le moschee di Monfalcone”, si sente dire nel servizio.

Gli autori dell’inchiesta mostrano anche immagini di operai in fila ai bancomat mentre prelevano denaro che, secondo le testimonianze raccolte, verrebbe consegnato ai capi delle ditte. “Qui i capi intascano la mazzetta e contano i guadagni illeciti del pizzo. Ma questi soldi, in parte, vanno anche alla moschea.

Alla domanda rivolta a uno degli intervistati se vi fossero “padroni coinvolti con la moschea”, la risposta è stata secca: “Sì, ci sono padroni coinvolti con la moschea.

Le accuse e le reazioni

Il programma ha poi cercato di ottenere spiegazioni direttamente dai responsabili delle ditte coinvolte. Ai microfoni di Rete 4, uno dei titolari ha negato ogni addebito:
Non è vero, non so nulla di operai che restituiscono soldi.
Un altro proprietario, incalzato dalle domande, ha replicato: “Non è vero, chiamo i miei operai, parlate con loro.

Gli autori del servizio hanno ricordato che sono state presentate denunce e che alcuni ex dipendenti avrebbero già segnalato il sistema alle autorità competenti, parlando di minacce, ritorsioni e violenze.

Un’inchiesta che scuote la città

Il servizio di “Fuori dal coro” ha suscitato forte eco a Monfalcone e nel Friuli Venezia Giulia, accendendo nuovamente i riflettori su una realtà complessa che intreccia lavoro, religione, sfruttamento e diritti.
Nel servizio viene definito “un sistema mafioso all’interno del quale alcune ditte islamiche estorcerebbero denaro ai propri connazionali, finanziando in parte moschee irregolari e imam”.

La trasmissione ha infine mostrato un confronto davanti a una delle moschee locali. Alla domanda su come vengano finanziati i centri di culto, un responsabile ha risposto:
Non so spiegare, non ho idea di dove arrivino i soldi.

Il reportage ha concluso evidenziando la necessità di “tutelare i lavoratori e garantire trasparenza all’interno dei cantieri”, invitando le autorità a indagare a fondo su un fenomeno che, se confermato, rappresenterebbe una ferita profonda per l’intero sistema produttivo.