Malasanità shock in Fvg, 90enne deceduta dopo essere stata dimessa dall'ospedale: la testimonianza

Pubblichiamo dal consigliere regionale Walter Zalukar

 

Questa è la lettera della figlia di una signora di 88 anni ricoverata a Pasqua in un ospedale del Friuli Venezia Giulia, che racconta il calvario che ha dovuto subire l’anziana madre e il dolore per non averla mai potuta neppure vedere durante tutto il corso della degenza. 
Ecco il racconto della figlia.
“Mi piacerebbe che quanto espongo fosse letto fino alla fine. È un racconto lungo ma ne vale la pena.
Vorrei raccontare l'esperienza vissuta con la mia mamma di 88 anni e mezzo, disabile, con problemi cardiaci (scompenso cardiaco), fibrillazione atriale, ecc.
La mamma è seguita amorevolmente con indiscussa professionalità dal medico di base. Giovedì 7 aprile il medico la visitava a domicilio per problematiche correlate alle sue diagnosi. Costantemente monitorata secondo indicazioni del medico, Domenica delle Palme le condizioni peggioravano e decidevamo di chiamare il 112 che, dopo circa mezz'ora giungeva. 
L'infermiera dopo avere rilevato i parametri iniziava a polemizzare, in presenza della mamma, sul motivo della chiamata che, a suo dire, era inappropriata. Ci accusava di chiamata inutile in quanto non rilevava problematiche serie nonostante le nostre spiegazioni in merito alle motivazioni della chiamata. Sosteneva che noi (io e mio fratello) non sapessimo come funziona la sanità e che  loro non si divertono a correre in giro con le ambulanze. Rispondevo: mi scriva che la mamma non ha nessun problema e che non è necessario l'accesso in Pronto Soccorso.
Mi ricorda nuovamente che io non so come funziona la sanità.  A quel punto mi qualificavo dicendo che sono quasi 40 anni che lavoro nella sua stessa Azienda, mi chiedeva dove lavoro, rispondevo alla sua domanda e a quel punto magicamente diventava cortese, disponibile ed affettuosa con la mamma e la aiutava a salire sulla lettiga e la portavano in Pronto Soccorso, dicendomi che qualcuno - non si sa chi - mi avrebbe comunicato qualcosa; solamente alle 23:30 mi chiamava  un medico e mi comunicava che la mamma era in semintensiva per uno scompenso cardio-polmonare importante.
Ma la vicenda non finisce qui.
Veniva trasferita in Medica. 
Il giorno dopo (lunedì) attendevo una chiamata del medico del reparto, come da indicazioni ricevute. 
Martedì mattina non avendo saputo nulla provavo a chiamare  - circa 15 telefonate - finalmente qualcuno rispondeva e mi sentivo dire: la richiama il medico verso le 13:00. 
Ok, arrivavano le 14:00, non sapevo ancora nulla. Chiamo io alle 14:15 e mi dicono che non è orario per le chiamate, mi arrabbiavo ed allora   mi passavano un medico che per sommi capi mi spiegava la situazione dicendomi che la stanno compensando e che eventualmente mercoledì la avrebbero  dimessa.
Riuscivo a contattare la mamma sul suo cellulare che mi diceva che era buttata lì senza il comodino, sempre a letto, che voleva venire a casa.
Le dicevo che cercavo di parlare, ovviamente al telefono, con un medico.
Trovavo un medico che mi comunicava che il giorno dopo l'avrebbero dimessa. 1 ora dopo mi richiamava lo stesso medico dicendomi che non la dimetteranno perché attendevano altri esami e mi avrebbe richiamato il pomeriggio. 
Da quel giorno non sentivo più nessuno, mia mamma non rispondeva più al cellulare. Tramite una persona, che aveva visto di persona mia mamma, riuscivo a capire come stava: disorientata, non riconosceva più le persone, sofferente, astenica, disidratata, sporca, tenuta allettata. 
Il Sabato Santo dopo 50.000 telefonate a vuoto in reparto per parlare con un medico, finalmente qualcuno rispondeva e mi sgridava sul fatto che telefonavo fuori orario. A quel punto mi sentivo veramente presa in giro e vittima della malasanità, minacciavo di chiamare i Carabinieri e di presentarmi con le Forze dell'ordine in reparto se entro mezz'ora un medico non mi avesse contattata. 40 minuti dopo mi chiamava un medico che mi comunicava che le condizioni erano stabili e che nei giorni seguenti l'avrebbero dimessa.  
La mamma però non rispondeva al cellulare, anzi, dal Lunedì di Pasqua partiva la segreteria telefonica. Cominciavamo ad essere perplessi e sinceramente avremmo preferito portarla a casa per vedere le sue reali condizioni. 
Martedì ci comunicavano che la mamma era in dimissione il giorno dopo ossia mercoledì 20 aprile - paziente vigile, collaborante, lucida.
Arriva a casa in ambulanza completamente non autosufficiente, non lucida, chiedeva informazioni sui nonni, con tosse, allettata, non si alimenta da sola, non sta in piedi - con prognosi riservata ancora per circa  7 giorni  -  senza il suo  cellulare, senza le sue ciabatte, il portamedicine, senza qualche indumento. Dal reparto nessun avviso circa lo "smarrimento" di questi effetti personali.”  (lettera firmata)
La mamma è deceduta il 30 aprile scorso.
 
foto di repertorio