Il presidente di ICS risponde all’assessore Roberti: “A Trieste non c’è emergenza, ma abbandono”

Il presidente di ICS risponde all’assessore Roberti: “A Trieste non c’è emergenza, ma abbandono”

Il presidente del Consorzio Italiano di Solidarietà ICS, Gianfranco Schiavone, interviene duramente in risposta alle dichiarazioni rilasciate dall’assessore regionale alle politiche migratorie Roberti, pubblicate su Il Piccolo sabato 27 dicembre, a seguito della manifestazione natalizia che ha visto una larga parte della società civile triestina protestare contro l’abbandono in strada delle persone migranti e richiedenti asilo.

Secondo Schiavone, la replica dell’assessore regionale è “estremamente significativa della situazione grave nella quale ci troviamo” e merita di essere analizzata nel dettaglio. Roberti parla di una realtà “più cruda”, sostenendo che Trieste, l’Italia e l’Occidente non possano accogliere “interi continenti che si spostano”, sottolineando come i posti letto e le risorse economiche non siano illimitati.

“Una narrazione allarmistica che non corrisponde alla realtà”

Per Schiavone, si tratta di una narrazione allarmistica già vista, fatta di immagini di milioni di persone in arrivo, che però non trova riscontro nei dati reali. Il punto centrale, spiega il presidente di ICS, non è negare la complessità del fenomeno migratorio, ma chiedersi quale sia la risposta concreta delle istituzioni di fronte a situazioni reali e circoscritte.

Roberti afferma che l’unico modo possibile sia “far arrivare solo le persone che siamo in grado di accogliere dignitosamente”, parlando di controlli rafforzati e della sospensione di Schengen che avrebbe dimezzato gli arrivi. Tuttavia, sottolinea Schiavone, non viene mai chiarito quante siano le persone che si sarebbe in grado di accogliere né a quali ingressi ci si riferisca.

“I richiedenti asilo non si programmano”

Schiavone evidenzia un punto fondamentale: non è possibile programmare gli ingressi dei richiedenti asilo, a differenza di quanto avviene per lavoratori o studenti. Chi fugge e chiede protezione non rientra in quote programmabili. L’unica forma di programmazione possibile sarebbe quella dei corridoi umanitari e degli ingressi protetti, strumenti che eviterebbero i viaggi della morte e garantirebbero arrivi sicuri, ma che – secondo Schiavone – non risultano attuati né dal governo italiano né dalla Regione Friuli Venezia Giulia.

I numeri citati sulle iniziative umanitarie, come l’ingresso di pochi minori malati, vengono definiti “ridicoli” e di natura prevalentemente propagandistica.

I numeri reali degli arrivi a Trieste

Secondo le stime delle associazioni che operano quotidianamente sul territorio, nel corso del 2025 sono arrivate a Trieste circa 12-13 mila persone. Un numero che Schiavone definisce significativo, ma che, rapportato ai giorni dell’anno, equivale a circa quaranta persone al giorno, “non certo un’invasione”.

Il dato più rilevante, però, è un altro: la maggior parte di queste persone non intende fermarsi a Trieste né in Italia, ma è semplicemente in transito. Si tratterebbe quindi di un’accoglienza di brevissima durata, con una rotazione di 24-48 ore, che renderebbe relativamente semplice l’organizzazione di una prima accoglienza istituzionale. Eppure, questo non avviene.

Solo 4-5 domande d’asilo al giorno

Sempre secondo i dati delle associazioni, circa 3.000 persone hanno espresso l’intenzione di chiedere asilo in Italia e a Trieste. Tuttavia, le domande d’asilo effettivamente registrate dalla Questura nel corso del 2025 sono state poco meno di 1.100. Un numero che, diviso per i giorni lavorativi dell’anno, equivale a circa 4-5 persone al giorno.

“Può lo Stato italiano sostenere di non riuscire a registrare e collocare in accoglienza quattro o cinque persone al giorno?” si chiede Schiavone, definendo questa affermazione offensiva per l’intelligenza di chi ascolta. Secondo il presidente di ICS, non si è di fronte né a un’emergenza né a un fenomeno di rilievo tale da giustificare l’attuale situazione.

“Le persone in strada sono il risultato di una scelta”

La presenza di centinaia di persone accampate nei magazzini del Porto Vecchio e in altri spazi cittadini viene spiegata da Schiavone come il risultato di un’emergenza “artificialmente costruita”. Non perché i numeri siano ingestibili, ma perché le poche persone che arrivano ogni giorno vengono sistematicamente lasciate in strada, accumulandosi nel tempo fino a diventare decine e poi centinaia.

Le parole che “fanno venire i brividi”

Particolarmente gravi, secondo Schiavone, le parole con cui Roberti afferma che chi arriva deve sapere che non troverà “l’Occidente scintillante visto sullo smartphone” e dovrà affrontare un inverno “senza documenti, senza lavoro, senza un tetto”.

Per il presidente di ICS, questa affermazione chiarisce che il non accogliere non è una conseguenza inevitabile, ma un vero e proprio programma politico. Un programma che, sostiene, punta a infliggere dolore e violenza alle persone, violando diritti garantiti dalla legge, a partire dal diritto d’asilo e dall’accesso ai documenti.

“Le argomentazioni apparentemente ragionevoli sull’accogliere solo chi possiamo gestire – conclude Schiavone – coprono una realtà di brutale violenza”. La valutazione finale, aggiunge, è lasciata a ciascun cittadino.