Monfalcone, Storia&Storie - tradizioni e cultura del Friuli-Venezia Giulia

Si è tenuta ieri sera, 30 dicembre, l’ultima conferenza del ciclo “Storia & Storie” organizzata dall’Unione Ufficiali in Congedo d’Italia di Monfalcone. A tenere la conferenza Mario Salvalaggio, cultore della storia e della tradizione del Friuli-Venezia Giulia.

Il discorso inizia con una metafora: il gallo e la tartaruga, a rappresentare la lotta tra la luce e le tenebre. L’ufficiale spiega affascinato come la lotta dicotomica tra queste due rappresenti il solstizio d’inverno: il sole raggiunge la sua quota più bassa, le tenebre si impossessano del giorno, e la giornata è la più corta dell’anno. La lotta assidua tra le due forze è caratterizzante della storia di tutti i popoli, perché legata ai fatti.

“Dies Natalis Solis Invicti” (trad. “Il sole comincia il nuovo ciclo”), rappresenta la vittoria della luce sulle tenebre, vincita che nella cristianità trova la sua metamorfosi nella nascita di Cristo.

Nella tradizione della nostra regione, il Friuli-Venezia Giulia, la vera lotta inizia nella giornata di San Niccolò: le forze del male, impersonificate dai Krampus, emergono dalle tenebre a scontrarsi con il Santo, che è il vincitore.

I giorni che vanno dal 25 dicembre al 6 gennaio erano un tempo colmi di magia: era il periodo delle predizioni e dei rituali, quello in cui le donne pensavano e speravano in un loro futuro matrimonio.
La tradizione portava nei paesi, in quel periodo, il ceppo di Natale. Il fuoco veniva alimentato di continuo dalle donne della comunità: leggenda narra che, se il fuoco si fosse spento, avrebbe portato sventure. Il legno utilizzato era di un tipo molto particolare: la cenere prodotta infatti veniva conservata e riutilizzata come rito propiziatorio. Per l’esattezza, quando la regione era tormentata dalle tempeste estive, la si utilizzava assieme all’ulivo di Pasqua per “rompere le nuvole”, in modo che la pioggia potesse cessare di cadere.

La fine del periodo veniva festeggiata con i fuochi epifanici. In questi sorgevano le divinazioni, ad erigersi alte in segno di buona o cattiva sorte, quasi scaturite dalle ombre che le fiamme creavano dialogando con la notte. Le divinazioni erano presagio molto importante per la comunità: se il fumo fosse andato verso Oriente avrebbe indicato una buona annata, ad Occidente avrebbe invece indicato cattivi presagi, quindi la necessità di emigrare per cercare lavoro e fortuna.

Cercare di conoscere il futuro è sempre stata una prerogativa dell’essere umano: al cambiare della società, cambiano gli strumenti. Le civiltà di una volta utilizzavano i rituali, la direzione del fumo o del cielo, la nostra società l’oroscopo. Ad esempio, le donne della tradizione ponevano vicino al fuoco dodici semi, ognuno ad indicare un mese. I semi che, per effetto del calore, si sarebbero mossi prima avrebbero indicato i mesi più proficui dell’anno.

La scansione del tempo, nei villaggi, era direttamente correlata alla religione: ogni Santo indicava un determinato periodo, a seconda che prevalessero la luce o le tenebre. Santa Lucia, ad esempio, indicava la vincita della luce, segno di serenità. La luce come segno di buon auspicio è onnipresente nella tradizione. Ad evidenza di ciò, si può pensare al  lancio dei “Cidules”, caratteristico della Carnia e di probabile origine celtica: pezzi circolari di tronco, a disco, che venivano e vengono tutt’ora lanciati dai giovani del Paese, dedicati alla propria innamorata.  

Le tradizioni rimandano alle nostre radici, all’origine della nostra società e del nostro territorio. Il territorio stesso crea le proprie tradizioni, perché costruite attorno a ciò che lui ha da offrire.
La lotta tra la luce e le tenebre, il bene ed il male, si riscontra ancora oggi in tutte le società. Effettua semplicemente una metamorfosi: in un’ideologia, in una persona, in un luogo o in un capro espiatorio.
Forse, l’idea di smettere di cercare un confine netto tra i due e provare a considerarne l’intreccio rivelerebbe una nuova chiave di lettura.