“Solo pubblicità in sloveno su Facebook”: la segnalazione di un triestino accende il dibattito online
Sta facendo discutere tra i cittadini di Trieste la segnalazione comparsa nelle ultime ore su un gruppo Facebook molto frequentato, dove un utente ha sollevato una questione curiosa ma condivisa da molti: “Ma solo io ho la home di Facebook invasa da pubblicità in sloveno? Da qualche mese va così...”.
Un’osservazione apparentemente banale che ha innescato una raffica di commenti da parte di altri triestini che confermano lo stesso fenomeno: spot commerciali, post sponsorizzati e inserzioni in lingua slovena compaiono ormai con frequenza sempre maggiore nella navigazione quotidiana.
“Anche io mi sento invasa”, commenta una residente. “Pure io segnalo la lingua sbagliata ma continua ad arrivarmi solo pubblicità slovena” aggiunge un’altra. C’è chi, esasperato, lo definisce scherzosamente “colonialismo digitale”, ipotizzando che le piattaforme online posizionino Trieste automaticamente entro i confini della Slovenia, sulla base di logiche algoritmiche.
Tra le ipotesi emerse nei commenti, anche quella legata all’accettazione inconsapevole di cookie da siti sloveni: bastano poche visite a portali d’oltreconfine per veder modificato l’algoritmo delle inserzioni. “Una volta ho visitato un sito sloveno di arredamento, per mesi ho visto solo pubblicità da lì”, scrive un utente, invitando a rifiutare i cookie.
Ma c’è anche chi esclude del tutto questa possibilità: “Mai cercato nulla da aziende slovene. Facebook sembra convinto che viviamo oltre confine”.
Un’anomalia algoritmica? Un bug nella geolocalizzazione? O semplicemente un effetto collaterale dell’interconnessione culturale e commerciale che caratterizza la città di confine? Sta di fatto che, tra ironia e fastidio, molti triestini si stanno chiedendo perché il loro feed social sembri parlare un’altra lingua.
Una questione forse marginale, ma che accende i riflettori sul rapporto tra identità digitale e territorio, in una città che ha da sempre una posizione geografica e culturale unica. E che ora si scopre, forse suo malgrado, “targettizzata” dall’algoritmo in un’area diversa da quella a cui appartiene.
foto sebastiano visintin