“La piazza Unità che vorrei”: un sogno d’estate tra cocomeri galleggianti, risate e musica sull’acqua
Chiudete gli occhi, o meglio, apriteli ancora di più. Immaginate una Trieste che osa sognare, che rompe il marmo delle certezze e trasforma piazza Unità in un teatro d’acqua, sapori e vita. Davanti a Palazzo del Municipio, simbolo austero e severo della città mitteleuropea, si apre una scena che pare uscita da una fiaba urbana mediterranea: bambini che giocano tra le fontane, tavole galleggianti a forma di fette di cocomero, sdraio a righe affacciate su una piscina azzurra e un palco avvolto da un’onda di stoffa azzurra che abbraccia la musica dal vivo.
È la Trieste del cuore, quella che un triestino creativo potrebbe immaginare in un caldo pomeriggio d’estate. Una città che, per una volta, si concede il lusso della leggerezza senza perdere un grammo della sua identità. Piazza Unità trasformata in spiaggia cittadina, in luogo d’incontro, in set da sogno per famiglie, artisti, bambini e passanti increduli.
A sinistra, un chiosco di frutta con tetto giallo a righe distribuisce fette di cocomero, incorniciato da gigantesche sculture pop che esaltano il frutto simbolo dell’estate: la freschezza che unisce, disseta, sorride. È il trionfo del colore che vince sulla pietra, della convivialità che sfida la rigidità.
Nel mezzo, i bambini ridono, corrono, si bagnano tra gli zampilli, sotto lo sguardo di genitori che per una volta non hanno bisogno di pensare ad altro. Nessuna ansia, nessuna fretta. Solo il tempo che rallenta. Solo la gioia. Come se la vita avesse premuto pausa sul tram-tram quotidiano, regalando un fotogramma perfetto di un’estate vissuta nel cuore della città.
A destra, una piattaforma sull’acqua ospita una band live: non ci sono confini tra palco e pubblico, tra musica e respiro. Il mare è lì, idealmente presente in ogni riflesso. Trieste suona, e lo fa in una delle sue forme più libere: quando si lascia immaginare.
Forse non accadrà mai davvero, forse sì. Ma questa foto – vera o ricreata che sia – parla a qualcosa di più profondo: al desiderio di una città che non si vergogna di essere felice, che accoglie, si diverte, si apre. Una città che, per una volta, non celebra solo il passato, ma gioca con il presente.
Perché anche a Trieste, tra il vento di Bora e i caffè storici, c’è spazio per l’utopia dolce di un’estate così. Basta volerla sognare.