Mattino 5, l’avvocato di Stasi: “Sul dispenser non solo sue impronte, l’assassino non si lavò le mani”
Continua a far discutere il caso Garlasco, a quasi vent’anni dall’omicidio di Chiara Poggi. Nella puntata odierna di Mattino 5, condotta da Federica Panicucci su Canale 5, è intervenuto in diretta l’avvocatA Bocellari, difensore di Alberto Stasi, per fare luce su un dettaglio chiave spesso sottovalutato: le impronte rinvenute sul dispenser del sapone nella villetta della vittima.
Per anni – ha spiegato il legale – la difesa stessa aveva dato per acquisito quanto riportato nella relazione del RIS, ovvero che sul dispenser vi fossero solo due impronte digitali dell’anulare sinistro di Stasi, ritenute “giuridicamente utili” in quanto complete e attribuibili. Tuttavia, un’ulteriore analisi condotta nel 2017, su richiesta della difesa e basata su nuove fotografie del RIS, ha aperto uno scenario totalmente diverso.
“Quando abbiamo visionato quelle immagini, ci siamo accorti che quel dispenser era in realtà un disastro – ha raccontato Bocellari –. C’erano molte più tracce, almeno nove impronte papillari parziali, non identificabili, oltre a colature di sapone e incrostazioni. Abbiamo affidato tutto a un attiloscopista e la sua consulenza è stata chiara: quel dispenser non è mai stato lavato”.
Un elemento, secondo la difesa, che non solo sminuisce la rilevanza accusatoria delle impronte di Stasi, ma che anzi apre a un’altra importante riflessione: chiunque sia stato l’assassino, non si è lavato le mani dopo l’omicidio.
“Se domani trovassimo un’impronta parziale di Andrea Sempio su quel dispenser, non potremmo trarne un indizio di colpevolezza, esattamente come per Stasi – ha precisato l’avvocato –. È noto che Stasi era stato lì la sera prima, avevano mangiato una pizza, e verosimilmente si era lavato le mani. Ma alla luce della presenza di altre impronte, dell’assenza di sangue e della presenza di DNA della famiglia Poggi, la sola conclusione possibile è che l’assassino non si è lavato”.
L’intervento di Bocellari, destinato a far discutere, pone dunque nuovi interrogativi sulla scena del crimine e su una prova che, negli anni, era stata considerata rilevante nel quadro accusatorio a carico di Stasi. Un’analisi tecnica che rilancia la richiesta di approfondimenti da parte della procura e riaccende l’attenzione mediatica e giudiziaria su uno dei casi più controversi della cronaca nera italiana.