Fedora Barbieri, nel centenario della nascita emissione filatelica e ricordo del museo Schmidl

Cadeva il 4 giugno il centenario della nascita di Fedora Barbieri, voce tra le più longeve ed acclamate del Novecento. La ricorrenza avrebbe dovuto essere celebrata con un'emissione filatelica delle Poste Italiane ed una giornata di studi al Civico Museo Teatrale “Carlo Schmidl”, depositario dell'eredità artistica della grande mezzosoprano.
 
L'emergenza pandemica ha imposto un rinvio di ogni manifestazione, individuando quale nuova data il 4 novembre, a ottant'anni esatti dal debutto assoluto della Barbieri sulle scene del Teatro Comunale di Firenze, nel ruolo di Fidalma nel «Matrimonio segreto» di Domenico Cimarosa.
 
La nuova emergenza congela nuovamente ogni iniziativa, fatta salva l'uscita del francobollo che, allo “Schmidl”, avrebbe dovuto essere presentato nel giorno stesso della sua emissione. Rinviata a data da destinarsi anche la giornata di studi in programma a Firenze per sabato 7 novembre.
 
Fu per la Barbieri, quello fiorentino del 1940, un doppio debutto: la sera successiva alla prima del «Matrimonio segreto», subentrando all’ultimo momento a Gianna Pederzini, veste per la prima volta in palcoscenico i panni di Azucena nel «Trovatore». È un duplice trionfo, che apre alla Barbieri le porte dei più prestigiosi teatri d’Italia e del mondo. Il debutto alla Scala è del 1942, nella «Nona» di Beethoven, sotto la direzione di un altro grande triestino: Victor de Sabata.
 
Triestina di nascita, Fedora Barbieri amava ricordare anche il suo debutto a Trieste, prima che si aprissero per lei le porte dei templi della lirica. «Il maestro Toffolo – narrava lei stessa – in qualità di direttore della Cappella Civica, mi invitò a cantare alcune arie in Cattedrale per i riti solenni del maggio dedicati alla Madonna. Era il ’39. Nella chiesa regna il silenzio assoluto, non si ricevono applausi, i musicisti sono invisibili, ma la suggestione di quel momento è ancora viva, e risento l’eco delle mie arie: una bellissima melodia di Stradella, il “Pietà, Signor” di Verdi e l’“Ave Maria” di Schubert. Non dovette andare poi tanto male, se fui invitata a ripetere l’esperienza l’anno successivo, maggio ’40. In giugno facevo le valigie per Firenze, ma mi piace credere che è stato il santo patrono di Trieste a darmi il viatico, a impartirmi la benedizione».
 
I decenni successivi sono contrappuntati da ricorrenti apparizioni sui maggiori palcoscenici del mondo, con direttori del calibro di Arturo Toscanini, Wilhelm Furtwaengler, Victor de Sabata e Herbert von Karajan. Restano scolpite nella storia della musica e del teatro musicale le sue interpretazioni di Azucena nel «Trovatore», di Amneris nell’«Aida» e di Mrs. Quickley nel «Falstaff».
 
Nel 1990 Fedora Barbieri festeggia i cinquant’anni di carriera debuttando nel ruolo di Mamma Lucia nell’allestimento di «Cavalleria Rusticana» prodotto dal Comitato Estate di Livorno per il centenario dell’opera. L’anno successivo, all’età di settantun’anni, un nuovo ‘debutto’: nelle vesti di regista, affiancata dal figlio Franco Barlozzetti, per una nuova «Cavalleria Rusticana» in scena al Teatro dell’Opera di Lodz, in Polonia.
 
Nel corso della sua carriera artistica Fedora Barbieri ha dato voce e sembianze ad oltre cento personaggi, non soltanto sui palcoscenici di tutto il mondo, ma anche nei film-opera «Rigoletto» con la regia di Jean-Pierre Ponnelle e «Cavalleria Rusticana» con la regia di Franco Zeffirelli.
 
Insignita dell'onorificenza di Cavaliere della Gran Croce dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, nell’anno 2000 Fedora Barbieri, ottantenne, festeggia i sessant’anni di carriera. Al Maggio Musicale Fiorentino veste ancora una volta i panni di Mamma Lucia nella «Cavalleria Rusticana» di Pietro Mascagni. Qualche settimana più tardi, a Trieste, nel corso di una cerimonia nell’Aula del Consiglio Comunale, riceve il Premio “San Giusto d’oro”, riconoscimento attribuito dai cronisti giuliani “ad una delle più grandi voci della lirica del Novecento”. Si spegne a Firenze il 4 marzo 2003.
 
Fedora Barbieri lascia all’umanità il patrimonio universale delle sue registrazioni. Ma alla “sua” Trieste lascia anche una testimonianza concreta e preziosa, della sua vita di donna e di artista: nel marzo del 2001, aveva donato al Civico Museo Teatrale “Carlo Schmidl” il costume di Dalila da lei indossato in occasione delle recite del «Sansone e Dalila» dirette da Victor de Sabata al Teatro alla Scala nel 1950. Al dono di questo primo costume, è venuta ad affiancarsi nel 2002 la donazione dell’intera collezione personale dell’artista. Alla scomparsa della Barbieri, sono stati i figli Ugo e Franco Barlozzetti a legare in maniera ancor più indissolubile la memoria dell’Artista alla città di Trieste attraverso la donazione dell’Archivio Fedora Barbieri, comprendente fotografie, documenti, spartiti, registrazioni, bozzetti, rassegna stampa, manifesti, programmi di sala, libretti, volumi ed oggetti.