Morto Franco Zeffirelli

Morto nella giornata di oggi, sabato 15 giugno 2019, il regista Franco Zeffirelli. Di seguito la biografia pubblicata sul Sito della Fondazione che port ail suo nome Seguire il suo percorso umano e culturale attraverso cui si è delineato il suo orizzonte artistico e la sua fama nel mondo, significa muoversi dalla tradizione artistica di Firenze, dove Franco Zeffirelli è nato il 12 febbraio 1923. La morte prematura della madre, Alaide Garosi Cipriani, e il riconoscimento tardivo da parte del padre, il mercante di stoffe inglesi Ottorino Corsi, marcano indelebilmente la sua infanzia e adolescenza. L’ambiente familiare e gli insegnamenti del teatro shakespeariano e dell’arte dei grandi Maestri del passato da parte di un’istitutrice inglese trasmettono al giovane Zeffirelli i fondamenti di un’educazione colta e liberale, che approfondisce durante gli anni in cui frequenta il Liceo Artistico, il Convento di San Marco sotto l’ala protettiva di Giorgio La Pira, l’Accademia di Belle Arti e la Facoltà di Architettura. Dopo la parentesi della guerra, in cui si unisce ai partigiani per passare poi nelle file dell’esercito alleato, affianca la collaborazione a Radio Firenze alle giovanili esperienze di attore al Teatro universitario di via Laura, diretto da Flavia Farina Cini. In quegli anni, con i suoi futuri più assidui collaboratori – Anna Anni, Alfredo Bianchini, Danilo Donati, Piero Tosi – frequenta i grandi artisti del momento, quali gli scenografi e costumisti, Gino Sensani, Mario Chiari e Maria De Matteis. Nell’immediato dopoguerra, prosa e musica insieme sono i generi che Zeffirelli sperimenta con la Compagnia teatrale “Il Carro dell’Orsa minore” di Alessandro Brissoni. Inizialmente scenografo e costumista di “operine” all’Accademia Chigiana di Siena, poi l’incontro con Luchino Visconti che lo porta a trasferirsi a Roma, divenendone sia assistente alla regia (La terra trema, 1948; Senso, 1954), sia apprezzato scenografo per le sue doti figurative e architettoniche: al Teatro Eliseo di Roma con As you like it di William Shakespeare – a fianco di Salvador Dalì (1948) –, Un tram che si chiama desiderio di Tennessee Williams (1949), Tre sorelle di Anton Cechov (1952), preceduti dal leggendario allestimento shakespeariano del Troilo e Cressida al XII Maggio Musicale Fiorentino (1949). Al Giardino di Boboli Zeffirelli tornerà nel 1960 con la messinscena di Euridice di Jacopo Peri (1960), suggello della nascita del melodramma italiano riportato in auge dal cenacolo umanistico della Camerata fiorentina, apripista al “recitar cantando”. Dagli anni Cinquanta, Zeffirelli è impegnato, prima come pittore-scenografo e costumista poi anche come regista, nell’allestimento di opere in musica del Settecento e dell’Ottocento nei teatri di Milano, Genova, Napoli, Palermo, e non passa inosservata l’unità dello spettacolo: al Teatro alla Scalal’Italiana in Algeri (1953), La Cenerentola (1954) e Il Turco in Italia di Gioacchino Rossini (1955), diretto da Gianandrea Gavazzeni e interpretato da Maria Callas, con la quale esordisce oltreoceano nell’innovativa messinscena di La traviata (Dallas, Civic Opera House 1958). Insieme alla sua Musa prediletta, realizzerà nel 1964 le edizioni di Tosca e Norma (Londra, Royal Opera House; Parigi, Opéra de Paris), dedicandole nel 2002 il film Callas Forever. Da allora la parabola artistica di Franco Zeffirelli – sulla ribalta dei principali palcoscenici del mondo – ha conosciuto un crescendo che l’ha portato a divenire il regista italiano più acclamato nel panorama artistico internazionale. Sono indiscussi i suoi meriti nel rivitalizzare all’Old Vic di Londra i classici shakesperiani(Romeo e Giulietta, 1960; Amleto, 1964; Molto rumore per nulla, 1965) o nell’affrontare, sempre fedele al testo con originale inventiva – denudandola nell’essenzialità degli impianti scenografici –, la drammaturgia moderna del Novecento che, in anni non sospetti, Zeffirelli ha portato nei teatri di tutta Europa – da Edward Albee ad Arthur Miller, da Luigi Pirandello a Eduardo De Filippo. Ha trasformato in pietre miliari della storia mondiale dello spettacolo le sue Bohème, Aide e Traviate alla Scala e al Metropolitan Opera House di New York (1963, 1981; 1964 e 1989), adattando le versioni della Turandot scaligera e newyorkese per l’Arena di Verona (2010) e per l’inaugurazione della Royal Opera House di Muscat (2012). “Le mie produzioni non sono rimaste immobili nel tempo: si sono evolute e sono cambiate, perché le mie idee sono progredite e ho scoperto modi nuovi per servire gli autori”. Puccini e Verdi, una giostra fra i giganti della lirica più amati dal regista e declinati, sin dagli anni Sessanta, nelle innumerevoli varianti di Tosca, Falstaff, Otello, Trovatore,oltre alle acclamate Carmen di Bizet nelle edizioni di Vienna (Staatsoper 1978), New York (Metropolitan Opera House 1996), Verona (Arena 1995) e al più volte rivisitato dittico Cavalleria Rusticana Pagliacci, Royal Opera House 1959, New York, Metropolitan Opera House, 1970), Firenze (Teatro Comunale, 2009). Un’opera sembra aver sempre eluso il talento di Zeffirelli, il Don Giovanni di Mozart. Dopo ben otto messinscene e aver sperimentato molteplici soluzioni di spettacolare grandiosità, Zeffirelli afferma: “Non si può dare un’esegesi esaustiva al Don Giovanni. Ne sciogli un mistero e ne annodi mille altri“. L’Olimpo dei cantanti e direttori d’orchestra che Zeffirelli ha conosciuto è gremito di artisti di primo ordine – dalla Callas alla Sutherland, da Giulietta Simionato, a Mirella Freni, Graziella Sciutti, Grace Bumbry e Leyla Gencer, da Giuseppe Di Stefano a Gianni Raimondi, Franco Corelli, Plácido Domingo, José Carreras e Luciano Pavarotti, da Herbert von Karajan a Leonard Bernstein e Carlos Kleiber –, con molti dei quali ha instaurato un rapporto di stima e di complici amicizie. Con loro il Maestro ha condiviso la sua fama e il suo successo internazionale. Il riconoscimento a Cavaliere dell’Ordine dell’Impero Britannico, conferitogli dalla regina Elisabetta II d’Inghilterra nel 2004 per le sue messinscene della drammaturgia shakesperiana, onora le stesse trasposizioni per il grande schermo con cui Zeffirelli ha innescato la miccia di una notorietà che si sarebbe propagata oltreoceano: La bisbetica domata con Richard Burton ed Elizabeth Taylor (1967) e, Romeo e Giulietta, protagonisti i giovani Leonard Whiting e  Olivia Hussey (1968) – a metà strada tra cinema e teatro, a dimostrazione di come ci si possa accostare a un classico e rinnovarlo – e Amleto, con Mel Gibson e Glenn Close (1990). Titoli di successo di critica e di pubblico, ai quali s’aggiungono Fratello Sole, Sorella Luna (1972); l’epica impresa del film televisivo Gesù di Nazareth (1977), destinato a un miliardo di spettatori; i film opera Cavalleria Rusticana e Pagliacci con Plácido Domingo, Elena Obraztsova e Teresa Stratas (1982), La traviata interpretati dal duo Domingo – Stratas (1983), Otello in cui, accanto a Domingo, Katia Ricciarelli recita la parte di Desdemona (1986). Record d’incassi per le pellicole hollywoodiane Il campione (1979) e Amore senza fine (1981) con Brooke Shields e un giovane Tom Cruise. Il giovane Toscanini (1988), Storia di una capinera (1993) e Jane Eyre sono ulteriori conferme di come il regista sappia cogliere con la cinepresa le più impalpabili sfaccettature dell’animo umano. Una sensibilità che traspare nei tributi dedicati alla sua amata città: Per Firenze, il documentario in presa diretta dell’alluvione del 1966, e Un tè con Mussolini (1999) che, con la partecipazione di attrici del calibro di Joan Plowright, Judi Dench, Maggie Smith e Cher, rievoca gli anni della sua infanzia e adolescenza: “Essere cresciuto e circondato dalla memoria delle supreme conquiste di civiltà e d’arte di Firenze è il maggior regalo con cui la fortuna ha arricchito la mia vita”. A Firenze Zeffirelli oggi inaugura la sua tanto agognata Fondazione e il Centro per le Arti dello Spettacolo.