Delitto di Garlasco, la difesa di Andrea Sempio smonta l’impronta 33: “Non è la sua”
Nel corso della puntata andata in onda su Rete 4, il programma Quarto Grado condotto da Gianluigi Nuzzi ha riportato al centro dell’attenzione il caso di Garlasco e, in particolare, la famigerata traccia 33. Si tratta dell’impronta rinvenuta sulla parete della scala interna dell’abitazione di Chiara Poggi, attribuita dai consulenti della Procura di Pavia ad Andrea Sempio. Ma la difesa del giovane, escluso dalle indagini nel 2017, ha presentato una nuova consulenza tecnica che punta a ribaltare completamente le conclusioni dell’accusa.
Solo 5 minuzie reali, non 15
I consulenti della Procura, Giampaolo Iuliano e Nicola Caprioli, avevano parlato di ben 15 minuzie compatibili con la mano destra di Andrea Sempio. Ma secondo la controperizia difensiva redatta dagli esperti Luigi Bisogno e Luciano Garofano, in realtà le minuzie realmente ricavabili sarebbero solo 5, e non sufficienti per una comparazione scientificamente valida. Inoltre, alcune di quelle 15 individuate dalla Procura sarebbero addirittura pennellate dell’intonaco, erroneamente interpretate come creste papillari.
L’impronta sarebbe del dorso, non del palmo
Ma l’elemento più significativo sollevato dalla difesa riguarda proprio la morfologia dell’impronta. Secondo quanto ricostruito, la traccia 33 sarebbe stata rilasciata dal dorso della mano, non dal palmo come sostenuto dai periti della Procura. La sequenza descritta dai consulenti difensivi prevede tre fasi successive di appoggio sulla parete: un primo contatto privo di marcature, un secondo con il lato palmare coinvolgente mignolo e piega ipotenare, e una terza fase caratterizzata da una torsione del polso che avrebbe lasciato le creste delle tre dita centrali.
Errore nell’allineamento con l’impronta di Sempio
La conseguenza, secondo la difesa, è che la comparazione con l’impronta reale di Andrea Sempio sarebbe stata completamente viziata. Gli esperti sottolineano che l’orientamento dell’impronta sul muro è stato interpretato erroneamente come piatto, ignorando la curvatura naturale del dorso della mano. Ne risulta che le minuzie non combaciano affatto, come dimostrato sovrapponendo i due disegni tridimensionali: i punti rossi (sulla parete) e i verdi (sulla mano di Sempio) risultano sistematicamente sfalsati verso sinistra.
Software sì, ma serviva esperienza umana
Un altro punto critico riguarda l’utilizzo del sistema elettronico Lapis PrintCast, che sarebbe stato impiegato in modo inappropriato. Secondo Garofano, l’operatore avrebbe lasciato al software il compito di individuare le minuzie, senza considerare che l’orientamento corretto dell’impronta va impostato manualmente, soprattutto in casi complessi come la traccia 33. La macchina, quindi, avrebbe forzato un allineamento su una geometria fittizia, producendo un’apparente ma non reale corrispondenza.
Una traccia priva di sangue e rilasciata sudando
La difesa ha inoltre ricordato come già nel 2007 il RIS avesse definito la traccia 33 priva di sangue e rilevata solo grazie alla reazione con la Ninidrina, indice di sudore umano. Secondo questa interpretazione, l’impronta sarebbe stata lasciata da qualcuno che scendeva le scale, ma non necessariamente in un contesto delittuoso, né tantomeno da Andrea Sempio.
Una battaglia a colpi di perizie contrapposte
La questione resta tutt’altro che chiusa. La battaglia giudiziaria sull’impronta continua a colpi di consulenze e controconsulenze, con una domanda ancora senza risposta certa: chi ha lasciato davvero quella traccia sul muro di casa Poggi? E, soprattutto, quando? Con queste nuove rivelazioni, la difesa di Andrea Sempio punta a ottenere un definitivo stralcio dal caso, mentre l’attenzione mediatica e giudiziaria resta alta.