Orto Lapidario, dal 9 giugno lettura itinerante multimediale “Morire per quattro monete. Winckelmann: l’ultimo viaggio”

In occasione del 250.mo anniversario della morte dello studioso tedesco J.J. Winckelmann, assassinato a Trieste l’8 giugno 1768, il Comune di Trieste, con una cerimonia ufficiale ha deciso di recuperare l’antica e originaria denominazione di Museo d’Antichità per quello che per più di un secolo è stato il Civico Museo di Storia ed Arte – Orto Lapidario. Contemporaneamente di dedicarlo alla memoria dello stesso Winckelmann, di cui custodisce il neoclassico monumento. La nuova intitolazione è stata approvata con Delibera di Giunta n. 517/2017 di data 23 ottobre 2017.L'iniziativa è stata illustrata stamane, a Palazzo Gopcevich, alla presenza degli assessori comunali alla Cultura, Giorgio Rossi e ai Teatri Serena Tonel, direttore del Servizio Musei e Biblioteche Laura Carlini Fanfogna, con il presidente del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Sergio Pacor e il direttore Franco Però, il regista dello spettacolo “Morire per quattro monete. Winckelmann; l'ultimo viaggio”, ambientato all'interno dell'Orto Lapidario, Andrea Collavino  e Marzia Vidulli Torlo, Conservatore del Museo d'Antichità “J.J.Winckelmann”.

Questa di San Giusto è la più antica istituzione museale della città: nata già all’inizio dell’Ottocento nella mente del procuratore civico e grande studioso, Domenico Rossetti. Egli, desideroso di onorare l’antiquario tedesco, quasi per espiare la colpa cittadina del brutale omicidio, riuscì a fargli erigere un monumento, che nel 1833 venne posto davanti alla Cattedrale, nell’area dell’allora dismesso cimitero cattolico (traslato in quello nuovo di Sant’Anna otto anni prima).

Intorno al monumento vennero raccolte le pietre storiche della città e l’8 giugno 1843, nel 75.mo anniversario della morte di Winckelmann, venne inaugurato l’Orto Lapidario a cui seguì l’ufficializzazione di museo autonomo nel 1873, con l’intitolazione di Museo d’Antichità. Come aveva scritto Rossetti, il monumento ”sorgerà per la presente e per le future generazioni servendo di perenne incoraggiamento ai buoni studi e alle Arti belle”. Al contempo dimostrerà “la volontà di elevarci culturalmente a quel rango e a quel prestigio cui le nuove ricchezze spingono la città tutta, onde collocarla degnamente in un più ampio contesto europeo”.

Accresciuto in modo esponenziale, il Museo esibiva accanto ai reperti archeologici anche le raccolte di arte e storia. Nel 1909 la sua denominazione era stata perciò modificata in Museo di Storia ed Arte. Nell’arco del secolo successivo, le collezioni risorgimentali, le raccolte delle armi e quelle artistiche - ultima l’arte Orientale - hanno trovato nuove e più idonee sedi espositive nei diversi Musei Civici, così a San Giusto sono rimaste le raccolte di antichità locale per quanto riguarda i materiali preistorici, protostorici e romani, e di collezione per quelli egizi, ciprioti, greci, magnogreci, tarantini, etruschi e maya.

L’odierna denominazione di Civico Museo di Storia ed Arte pertanto non era più “caratterizzante” il contenuto del museo e i fruitori spesso mostravano di non comprenderne il significato e quindi non sapevano cosa aspettarsi dalla visita.

La denominazione costituisce il primo “manifesto” di un museo, ancor meglio se con questa operazione è possibile recuperare una parte di storia, ridando vita alla denominazione originaria di Civico Museo d’Antichità, scelta dai suoi creatori Domenico Rossetti e Pietro Kandler, personaggi cardine sui quali ruotano le origini della storiografia triestina.

Al contempo, in occasione di un così importante anniversario, cadendo quest’anno il 250.mo anniversario della morte del tedesco J.J. Winckelmann, si è deciso di dedicare il museo alla memoria del “padre dell’Archeologia e della Storia dell’Arte moderna”. Egli fu anche il teorizzatore della funzione dell’istituzione museale e del concetto di tutela, e certamente dobbiamo interpretarlo come il nume protettore e il fulcro attorno al quale ruota la storia tutta delle collezioni triestine.

Inoltre, in occasione di questa importante ricorrenza, il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia in collaborazione con il Comune di Trieste, realizza una lettura itinerante multimediale intitolata “Morire per quattro monete. Winckelmann: l’ultimo viaggio” che avrà luogo il 9 e 10 giugno, alle ore 21 (con repliche nel corso dell’estate) nei preziosi spazi dell’Orto Lapidario. Altre repliche, sempre alle ore 21,  il 23, 24, 25, 26 agosto, il 30 e 31 agosto, e l’1 e 2 settembre. Il testo a cura di Marzia Vidulli Torlo, suggerirà dunque un interessante itinerario che il pubblico seguirà “immerso” in un universo sonoro di grande suggestione e avvolto dal fascino di quegli spazi e della Storia. Lo spettacolo, diretto da Andrea Collavino e interpretato dallo stesso Collavino, Riccardo Maranzana e Stefano Pettenella, sarà per il pubblico un’esperienza davvero inedita. Inoltre si alterneranno testimonianze registrate su Winckelmann e i suoi giorni a Trieste, restituite da altri interpreti: Filippo Borghi, Emanuele Fortunati, Ester Galazzi, Andrea Germani, Francesco Migliaccio, Jacopo Morra, Maria Grazia Plos, Valentina Violo. Il percorso sarà concluso da un omaggio di Gabriele Lavia che per questo evento ha recitato una intensa interpretazione de “Dei Sepolcri” di Ugo Foscolo.

Lo spettacolo per la prima volta a Trieste, si avvarrà del “Silent System”: ogni spettatore riceverà all’ingresso un paio di cuffie audio senza cavo attraverso le quali, pur muovendosi nell’Orto Lapidario, ascolterà perfettamente la voce degli attori e la colonna sonora senza percepire rumori esterni. Agli attori che reciteranno dal vivo, il regista intreccerà testimonianze registrate e una suggestiva colonna sonora. Un assieme di emozioni e sensazioni che restituirà al pubblico molte sfumature della figura di Johann Johachim Winckelmann.

L’evento va ad arricchire le iniziative collegate a questo importante anniversario, culminante nel recupero dell’antica e originaria denominazione di Museo d’Antichità e nella contestuale intitolazione a Winckelmann del Civico Museo di Storia ed Arte – Orto Lapidario.

Il prezzo del biglietto sarà di €8 con riduzioni a €5. Ulteriori informazioni saranno disponibili sul sito www.ilrossetti.it.

“Lo spettacolo è il frutto di una collaborazione ormai consolidata fra il Comune di Trieste e il Teatro Rossetti, per una 'contaminazione' di linguaggio di carattere teatrale e al contempo espositivo che dà connotazione ai 'luoghi della città' dove assistere alle rappresentazioni, e in questa occasione fornisce un inusuale approfondimento su una straordinaria figura tra le più importanti del Neoclassico – ha evidenziato l'assessore Tonel -. L'assessore Rossi ha sottolineato “la valenza della nuova denominazione che fa parte del percorso di rivalorizzazione e riqualificazione dell'importante patrimonio museale della città e di promozione turistica con nuove precise indicazioni cartellonistiche informative dei musei civici e con l'apertura di un nuovo terzo ingresso 'facilitato' anche per le persone con disabilità al museo di San Giusto - che dispone da sempre di due entrate (da via della Cattedrale 15 e da piazza della Cattedrale 1) – anche in via San Giusto (dal cancello d'accesso al Giardino del Capitano)”.

Museo d’antichità “J.J. Winckelmann”

Piazza della Cattedrale 1, via della Cattedrale 15, via San Giusto 4, Trieste,Tel. 040 310500

www.museoantichitawinckelmann.it

già www.museostoriaeartetrieste.it

Apertura estiva: da martedì a sabato 10-13 e 16-19; domenica 10-19; lunedì chiuso

INGRESSO LIBERO

Le tappe della storia del Museo in sintesi

Le origini del Civico Museo di Storia ed Arte - Orto Lapidario a San Giusto, ora Museo d’Antichità “J.J. Winckelmann”, sono legate al monumento, o cenotafio, a Winckelmann, ideato e sostenuto con instancabile perseveranza dal procuratore civico Domenico Rossetti. L’opera, immaginata già nel 1808 come omaggio all’illustre studioso tragicamente morto a Trieste, nella mente del suo creatore era presto divenuta l’ideale fulcro intorno al quale disporre un futuro Museo di Antichità locali. L’idea trovò l’approvazione della Cancelleria Aulica e del Governo del Litorale, che il 9 marzo 1829 stabilirono di riunire a Trieste tutte le antichità del Litorale, collocando nel dismesso camposanto di San Giusto, accanto alle lapidi triestine anche quelle aquileiesi e istriane: “Ad imitazione di quanto era stato fatto nel celebre Campo Santo di Pisa, meritando San Giusto, e come monumento d’arte e per l’importanza storica e per lo sviluppo che va pigliando la città, di essere preferito per la creazione di un museo, ove si potrebbero raccogliere non solo i monumenti romani, ma sì anche quelli del Medioevo ed i moderni”.

Il monumento a Winckelmann fu ufficialmente inaugurato nel 1833, inserito in un grande nicchione aperto sul giardino; quindi iniziò il lavoro di recupero delle antichità triestine. Il magistrato, con deliberazione del 30 ottobre 1840, in Consiglio minore, statuiva di “raccogliere e disporre nell’antico cimitero di S. Giusto dintorno al mausoleo di Winckelmann le antiche pietre tutte della città e dell’agro triestino; di dare per ora alla raccolta il nome di Lapidario anzi che di Museo”.

Grazie all’opera instancabile di Domenico Rossetti e di Pietro Kandler, l’8 giugno 1843 (nel 75.mo anniversario della morte di Winckelmann) si giunse all’inaugurazione dell’Orto Lapidario.

Solo nel 1873 il Museo di Antichità fu “… reso stabile ed autonomo, fu ordinato secondo un proprio Statuto ed al pari degli altri stabilimenti scientifici cittadini, messo sotto l’immediata dipendenza del podestà e della delegazione municipale. Vi fu preposto un direttore effettivo col compito di tenerne l’amministrazione, di dare assetto ed incremento alle collezioni, di agevolare le ricerche degli studiosi e di cooperare colla propria attività al raggiungimento del fine scientifico per il quale il museo era stato creato”.

Primo direttore fu Carlo Kunz che nel 1879 diede alle stampe il primo catalogo delle collezioni esposte presso l’Orto Lapidario (dove nel 1874 era stato eretto il tempietto all’interno del quale vennero custodite le sculture greche e romane - solo nel 1934 vi sarà collocato il monumento a Winckelmann) e il Gabinetto d’Antichità, ospitato in alcune camere del palazzo Biserini, già sede della Biblioteca Civica accanto al Museo di Storia Naturale. Il Museo d’Antichità ebbe ingresso sull’attuale via Santi Martiri e crebbe per acquisti e donazioni di materiali non solo archeologici: le sue collezioni furono suddivise in sei sezioni: collezioni archeologiche, raccolte patrie, pittura e scultura antica e oggetti d’arte, raccolte etnografiche, gabinetto numismatico di araldica e sfragistica, e infine dall’archivio-biblioteca.

Pertanto, quando il 12 giugno del 1909 venne approvato dal Consiglio della Città il nuovo Statuto organico, il museo assunse la denominazione di Museo Civico di Storia ed Arte: “Riconoscendosi che il nome di Museo Civico di Antichità, essendo peculiare per alcune serie di collezioni, non poteva riferirsi all’intera suppellettile e non prestavasi a rilevare né il vero carattere dell’istituto, né la funzione alla quale esso attende, si decretò di sostituirlo coll’appellativo di Museo Civico di Storia ed Arte, giudicato più confacente al genere diverso delle raccolte e delle cose che lo compongono, per le quali la nostra istituzione partecipa del museo storico che ha il compito di promuovere la conoscenza del passato e del museo d’arte che coltivando lo studio dell’arte pura e dell’arte applicata all’industria tende a favorire la coltura estetica”.

Nel 1925 (inaugurazione il 21 aprile) le collezioni vennero trasferite nell’edificio di via della Cattedrale (acquistato a tale scopo nel 1913 dal Comune), mentre nel 1931 fu aperto il nuovo ingresso al Museo civico, sul sagrato del Duomo, accanto alla restaurata chiesetta di San Michele al Carnale. Così il pubblico poté accedere direttamente all’Orto Lapidario e da questo, per una nuova scala, al Museo e alla zona archeologica circoscritta dalle mura e torri medioevali (detta Giardino del Capitano).

Nei tre piani dell’edificio vennero allestite accanto alle collezioni archeologiche anche quelle storico-artistiche. Quest’ultime negli anni hanno trovato nuova e più idonea esposizione nelle altre sedi che i Civici Musei di Storia ed Arte stavano acquisendo: i cimeli storici al Museo del Risorgimento; pittura, scultura e arte applicata al Museo di Storia Patria; le armi al Castello di San Giusto; le collezioni d’arte tra cui i disegni del Tiepolo al Museo Sartorio ed infine l’arte cinese, giapponese, indiana e del Gandhara al Museo d’Arte Orientale.

Nel 2000, l’8 giugno, venne riaperto il ristrutturato Orto lapidario che ridiede visibilità alle collezioni lapidarie e al monumento a Winckelmann, conservato dal 1934 all’interno dell’edificio colonnato in stile classico che chiude in basso la prospettiva dell’Orto Lapidario, rinnovato per l’occasione.

In progressione sono state ristrutturate le sale dell’edificio museale dedicate alle prestigiose collezioni egizia e di ceramica classica, ampiamente note tra gli specialisti e non solo. Il Museo espone inoltre reperti dell’archeologia locale; romani, soprattutto da Aquileia, accanto a quelli preistorici (dell’età della pietra dalle grotte del Carso) e protostorici dai castellieri e relative necropoli, come i corredi dell’età del ferro da Santa Lucia di Tolmino. E ancora la curiosità di una piccola sezione maya da El Salvador, legata a una storia locale che invita ad allargare i nostri orizzonti.