Edoardo Peitizol: Io sono Friuli Venezia Giulia, il brand come identità condivisa" (VIDEO)

Edoardo Peitizol: Io sono Friuli Venezia Giulia, il brand come identità condivisa" (VIDEO)

Non è la tribuna, non è il comizio, non è nemmeno il solito “palazzo” che impone distanze. È la pista di pattinaggio nel cuore di Trieste, cornice natalizia e quotidiana insieme, a ospitare la terza diretta della giornata di Trieste Cafe. Conduce Andrea Pastine, e davanti alla camera c’è Edoardo Petiziol, portavoce di “Fedriga Presidente”: una figura che per mestiere costruisce ponti tra decisioni complesse e parole comprensibili, tra tempi istituzionali e velocità digitale, tra la verità dei fatti e il rumore che spesso li traveste.

Nella conversazione, Petiziol non indossa maschere: spiega il lavoro, i limiti, le responsabilità. E soprattutto una scelta di metodo che torna più volte, come un chiodo fisso: comunicare non significa parlare sempre, ma dare peso a ciò che conta davvero.

“Un passo indietro” per far parlare i fatti: il mestiere del portavoce, tra equilibrio e pressione

Petiziol lo chiarisce subito: più che “un passo avanti”, lui preferisce stare un passo indietro. È un modo elegante per dire che la comunicazione politica non è protagonismo, ma regia. E quella regia, racconta, dipende anche dalla persona con cui lavori: nel suo caso, un presidente con esperienza nel mondo della comunicazione, abituato ai tempi, ai registri, alla sintesi. Una complementarità che, nelle sue parole, ha reso il percorso più lineare.

Ma la parte più vera arriva quando ammette che non si raccontano solo traguardi e soddisfazioni. Ci sono anche momenti difficili, episodi che colpiscono la comunità, passaggi che chiedono equilibrio e lucidità. Per Petiziol, è lì che si misura la credibilità: nel saper stare dritti quando la notizia pesa.

L’era digitale e la comunicazione diretta: quando i social cambiano tutto

La rivoluzione, per Petiziol, non è soltanto “l’arrivo dei social”. È la comunicazione diretta, quella che passa dai canali personali e istituzionali, dalle conferenze stampa fino alle piattaforme dove ogni parola corre più veloce del suo stesso significato. Cambiano i tempi, cambia la profondità, cambia persino la funzione dei media tradizionali: spesso, osserva, i giornali finiscono per approfondire temi che online sono già stati sezionati in tutte le loro sfaccettature.

Da qui nasce una regola che Petiziol difende con convinzione: evitare la sovraesposizione mediatica. Parlare sempre, spiega, rischia di togliere forza alle parole quando sono davvero necessarie. Meglio intervenire quando c’è qualcosa di importante da dire e un tema da spiegare con cura.

Dire la verità, anche quando non conviene: “la politica deve tornare a essere onesta”

C’è un punto che nella diretta suona come un manifesto: secondo Petiziol, la politica deve tornare a dire la verità. Non la verità comoda, ma quella che ammette complessità, limiti, costi, tempi. Promesse irrealizzabili, slogan miracolosi, scorciatoie: tutto questo, nella sua lettura, non è solo sbagliato. È poco serio.

Rivendica un’impostazione fatta di chiarezza e onestà intellettuale: dire ciò che si è fatto, riconoscere ciò che resta da fare, ammettere che alcune cose non si possono fare subito o non si possono fare affatto. E persino, quando serve, riconoscere gli errori. Petiziol insiste su un concetto che rovescia la prospettiva: i cittadini spesso sono “già davanti” alla politica, perché affrontano ogni giorno la fatica del reale. Per questo, sostiene, serve una politica che ascolta prima di decidere.

Crisi e pressione mediatica: la bussola resta “chiarezza e sincerità”

Quando la realtà diventa dura, la priorità non cambia: chiarezza, verità, oggettività. Petiziol cita la gestione della pandemia come esempio massimo di pressione, e descrive un approccio improntato alla prudenza, senza vendere illusioni su tempi rapidi e soluzioni semplici. Lo stesso criterio, racconta, vale davanti ad alluvioni, emergenze, passaggi difficili: non cercare scorciatoie comunicative, ma costruire fiducia con parole verificabili.

E anche nei momenti di confronto politico, la chiave resta la responsabilità: esprimere le posizioni, fare sintesi, comunicare al pubblico il superamento della fase critica con un messaggio unitario, comprensibile, senza trasformare la politica in un’arena permanente.

Le critiche sui social: “vanno lette, ma soprattutto pesate”

Petiziol non demonizza i social: li riconosce come parte del riscontro quotidiano. Ma avverte del rischio più subdolo: prendere decisioni “di pancia” inseguendo commenti e reazioni istantanee. Il punto, dice, è capire che i social non sono una cartina di tornasole perfetta. Il confronto vero, quello che misura la temperatura reale della città e del territorio, resta quello diretto: una strada, un mercato, un incontro con le categorie, una conversazione faccia a faccia.

È un richiamo alla sostanza: la politica che ascolta non può limitarsi a scorrere uno schermo.

“Io sono Friuli Venezia Giulia”: quando un brand diventa orgoglio e identità

Tra i passaggi più simbolici, Petiziol racconta il progetto “Io sono Friuli Venezia Giulia”: prima marchio, poi claim, poi racconto complessivo della regione. Un brand, spiega, non è una parola bella, è un modo per dare identità e coerenza alla promozione, all’immagine, alla reputazione. Vederlo crescere, dice, ha significato anche riaccendere un orgoglio “sano” nei cittadini del Friuli e della Venezia Giulia.

Qui la diretta si fa quasi “geografia emotiva”: un territorio piccolo, ma densissimo di eccellenze, capace di offrire in poco tempo montagna, mare, città, patrimonio, enogastronomia, storia. Petiziol insiste: raccontare le diversità non divide, anzi valorizza. Perché la ricchezza sta proprio nelle differenze.

Il futuro della comunicazione: tra intelligenze artificiali, regole e informazione seria

Sul domani Petiziol non finge certezze: lo definisce un grande punto interrogativo. Ma indica una direzione netta: servono regole e responsabilità, soprattutto davanti a strumenti nuovi come le intelligenze artificiali, e in generale a un ecosistema informativo che può amplificare tutto, anche ciò che non è vero.

Il punto non è bloccare lo sviluppo, ma pretendere che l’informazione resti seria, verificata, approfondita. Perché, ricorda, le persone si formano opinioni e idee attraverso i media. E dunque i media, oggi più che mai, hanno un peso enorme: non solo nel raccontare la realtà, ma nel costruire il modo in cui la realtà viene percepita.

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