«Ecco perchè la caccia va abolita»

Il dibattito aperto alcuni giorni fa sulla Vostra rubrica “segnalazioni” e quanto scritto da Federcaccia in data 15.05.2020 a TriesteCafe non può non destare il mio interesse e pertanto mi permetto di inoltrare queste brevi note sul perché la caccia vada a mio avviso abolita.

Tutte le volte in cui mi trovo a rispondere a questa domanda mi viene sempre da rispondere facendo a mia volta una domanda al mio interlocutore: mi sa dare una ragione, almeno una, perchè la caccia è ancora lecita secondo il nostro ordinamento?

Se a rispondermi è un cacciatore, oltre a guardarmi male, la prima cosa che mi dice è: i cacciatori  sono necessari, altrimenti in giro ci sarebbero solo volpi, corvi e altri animali nocivi. Insomma i cacciatori si arroccano dietro la cosiddetta gestione venatoria, che altro non è che cercare di dare una giustificazione sociale ad una mera attività ludico ricreativo che la legge consente, solo per un limitato periodo di tempo e su alcune specie, proprio in quanto dannosa. 

In realtà, rispondo io, questi animali, quelli famosi della gestione, vengono sterminati in parte quando la caccia è chiusa, ovvero al di fuori della stagione venatoria che va da  settembre a gennaio.

Tutto il resto delle energie dei cacciatori viene utilizzata per uccidere animali ben più redditizi (sotto il profilo alimentare e commerciale) in tutti i sensi, come fagiani, lepri, cervi, cinghiali etc. Oppure nella caccia con l'uso dei richiami vivi, ove le vittime predestinate sono utilissimi uccelli come i tordi e i merli.

Ci sono tantissime ragioni per cui la caccia debba essere chiusa; in primis l'inutilità della stessa a scopo alimentare. Il cibo è reperibile ovunque senza la necessità di usare il fucile in mezzo alle campagne, tra i monti o in riva a mari, fiumi e laghi provocando con la caccia indicibili sofferenze agli animali, oltre a cagionarne il ferimento, l'uccisione ed il disturbo di tanti altri animali non direttamente coinvolti nella caccia stessa, uomini compresi.

Com'è noto, la caccia dovrebbe esser permessa nel periodo in cui gli animali non sono dediti alla riproduzione e fino a quando i piccoli non sono più dipendenti dagli adulti. Purtroppo così non è per alcune specie di mammiferi come ad esempio  i cinghiali e le volpi, in alcune regioni del nostro paese cacciati in pieno periodo riproduttivo; e allo stesso modo i corvidi (cornacchie, gazze, ghiandaie): questi ultimi sterminati previa cattura con gabbie trappola e soppressione per mezzo di disarticolazione del collo.

Così purtroppo ancora non è per la cosiddetta caccia in deroga alla Direttiva Comunitaria Uccelli Selvatici che molte regione hanno varato per essere poi bloccate dai TAR a cui si sono appellate le associazioni ambientaliste, oltre alle preaperture, concesse da molte regioni italiane.

Nella regione Friuli Venezia Giulia ci sono diversi emblematici esempi che si sono in questi ultimi dieci anni toccati con mano  e che comprovano quanto dannosa è stata ed è l'attività venatoria.

Pensiamo ad esempio all'epidemia di rabbia silvestre che ha colpito qualche anno fa la regione Friuli ove sono state trovati diversi esemplari di volpi rabbide e che ha costretto la regione a molteplici interventi di vaccinazione. Com'è noto, la volpe è un animale cacciabile e piuttosto odiato dai cacciatori poiché è un loro competitore, in quanto si ciba anche di selvaggina e ciò soprattutto quando la preda è prontamente reperibile, come nel caso dei fagiani liberati a profusione nelle giornate che precedono la caccia e durante il corso della stagione venatoria, in modo  da assicurare facili prede a tutti, gratificando da subito i cacciatori gravati dai costi sostenuti per licenze ed artiglieria varia.

Orbene, qualche anno fa, la Regione Friuli, non rinvenendo da molti anni oramai volpi rabbide, decise di sospendere la vaccinazione che si  era sempre fatta per mezzo di rilascio di esche contenenti il vaccino. Purtroppo la Regione omise anche di sospendere l'abbattimento delle volpi sane che invece continuarono ad essere uccise dai cacciatori. Questo comportò che alcune volpi malate occuparono i territori lasciati liberi dalle volpi uccise. Questo perchè le volpi sono animali territoriali per cui non fanno entrare altre volpi nel loro territorio di caccia. Insomma il ragionamento è banale. La regione Friuli investe dei soldi per vaccinare animali, ma questo investimento renderebbe molto di più se gli animali vaccinati non venissero uccisi dai cacciatori, con assurdo dispendio di danaro pubblico e questo nell'unico interesse di una categoria che rappresenta appena lo 0,6% dei cittadini italiani. Per scongiurare l'epidemia la Regione fu costretta a procedere a molteplici e ravvicinati lanci di esche con vaccino, a sospendere per un periodo la caccia con i cani in alcune zone e a costringere anche tutti i possessori di cani (non da caccia) a vaccinare i propri cani. I costi di tutta questa vicenda sono stati immensi, ma credo che non abbia insegnato nulla. Ovviamente, questo è il mio punto di vista e di molti faunisti con cui ho avuto modo di approfondire questi peculiari aspetti. So già cosa pensa il lettore cacciatore. Se non uccidessimo le volpi, queste si moltiplicherebbero a dismisura. La verità è che la popolazione delle volpi si regola in base al cibo, ma è proprio la caccia a fornire una quantità smisurata di cibo a questi animali ed il fenomeno è ben noto. La liberazione di fagiani e lepri per la caccia, pratica diffusa nella nostra Regione, determina proprio la presenza di cibo in eccesso per le volpi.

Stesse conseguenze dannose per le popolazioni di animali si verificano nel caso dell'attività venatoria esercitata da appostamenti fissi come le altane. Il cacciatore si apposta in queste costruzioni collocate in posizione dominante aspettando che la preda gli si pari di fronte, ma per far arrivare gli animali si utilizzano particolari attrattivi chimici e talvolta illegali foraggiamenti con cibo. In questo modo sono le altane stesse a determinare  lo spostamento di cinghiali e/o cervi.

Ci sono utili sistemi e ci sono studi avviati per evitare i danni alle coltivazioni agricole senza la necessità di intervenire con inutili piani di prelievi di cinghiali che negli anni si sono rilevati inutili, diversamente non ci sarebbero le annuali lamentele di alcuni  agricoltori.

 In Friuli la caccia, per le parti di competenza regionale, è disciplinata dalla 6 del 2008, che prevede addirittura il principio della “autogestione venatoria” (per questo sorrido quando i cacciatori friulani parlano di gestione) e per detto principio la gestione della caccia veniva devoluta ad una associazione di cacciatori, quindi soggetto in pieno conflitto di interesse e di diritto privato, nonostante la fauna selvatica sia patrimonio indisponibile dello Stato come prevede l' art. 1 della la legge statale 157/1992. Fortunatamente l’intervento delle associazioni animaliste e ambientaliste ha impedito il peggio e la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima questa norma. Dato interessante è che quella parte di legge bocciata dalla Consulta una decina di anni fa, non è stata mai adeguata dal legislatore regionale.

Che dire poi del fatto che solo da pochi anni sia stata sospesa la caccia alla coturnice nelle nostre montagne, nonostante vi fosse una chiara evidenza del rischio di estinzione della specie, e del fatto che ancora venga cacciato il fagiano di monte, altrimenti detto gallo forcello, nonostante i censimenti parlino di un declino costante ed irreversibile delle poche decine di esemplari censiti.

Che dire poi di una pratica che viene esercitata nel terreno dei privati anche contro la volontà del proprietario del fondo  in virtù dell' art. 842 c.c. Un vero e proprio vulnus nel nostro ordinamento, posto che la Costituzione prevede la limitazione della proprietà privata solo e nel superiore interesse generale. E' generale l'interesse dello 0,8% della popolazione italiana?

Un giorno camminando per la campagna mi sono imbattuto in un cacciatore che teneva per il collo un fagiano grondante sangue a cui aveva appena sparato. Gli chiedevo di usarmi la cortesia personale di far finire le sofferenze dell'animale che stingeva tra le mani. Mi diceva quindi, un poco alterato, di non perder tempo a pensare agli animali, che ci sono dei bambini in quello stesso momento che stavano soffrendo e che quindi era opportuno pensare a cose più serie. Lui proseguì a camminare e a trattenere tra le mani il fagiano che grondava sangue, mentre gli urlavo che le sofferenze degli animali non liberano gli uomini dalle loro.

 

Lega Per l’Abolizione della Caccia

Sezione del Friuli Venezia Giulia