CasaPound: «Scuola interpreti a comunità slovena, Basta con 'risarcimenti' per episodio storico mistificato»

“L’Italia e Trieste non devono restare proni davanti al popolo sloveno. La guerra è finita 75 anni fa: per quanti anni dovremmo andare avanti ancora a ripagare presunti torti della storia?” dichiara Francesco Clun, responsabile provinciale di CasaPound Italia.

“Il Balkan, che fu usato anche come copertura per i terroristi sloveni, non venne incendiato dai fascisti - prosegue Clun che precisa - è risaputo che al secondo piano dello stesso stabile ci fosse un deposito di armi ed esplosivi. Ed è da li che, senza ombra di dubbio, forse per uno scoppio accidentale avvenuto all’interno del Balkan, forse per il tentativo maldestro di bruciare i documenti in possesso dei terroristi sloveni che poco prima avevano ammazzato un ragazzo di soli 17 anni, Giovanni Nini, prese fuoco il palazzo di via Filzi. È a seguito di quest’ultimo episodio che ci fu una grande sommossa popolare che si mosse fino al Balkan in cui i due terroristi si erano rifugiati e dal secondo piano del quale lanciarono la granata che uccise Luigi Casciana, tenente del Regio Esercito presente sul posto per arginare la protesta” puntualizza Clun.

“C’è da dire, inoltre, che la comunità slovena oggi è già in possesso di un palazzo a titolo di risarcimento per i fatti del 1920. Il Governo costruì il Teatro Stabile sloveno, oggi sito in via Petronio, per darlo proprio al popolo sloveno. Come si legge sul sito dello stesso teatro “dal 1964 ha sede il Kulturni dom, costruito in risarcimento del Narodni dom”. Oggi l’Italia si appresta a consegnare un altro palazzo ad un ente ben preciso che gode di ampi diritti e contributi pubblici. E tutto questo avviene in nome di chissà quale debito eterno nei confronti del popolo sloveno. E anche qui - continua Clun - tralasciando l’assoluta mancanza di reciprocità di rapporti con le due vicine repubbliche ex jugoslave da cui gli esuli e le comunità italiane aspettano ancora fatti e risposte sul passato”.

“Sarebbe stato molto più produttivo, infatti, in un’ottica di pacificazione storica, che durante l’incontro tra il Presidente Sergio Mattarella ed il presidente sloveno Borut Pahor anziché affrontare il tema della restituzione del Narodni Dom, si fosse spesa qualche parola sui beni di cui migliaia di esuli ancora oggi aspettano la restituzione. Questo tipo di richieste vanno nella direzione opposto alla pacificazione storica e alla ricerca della tolleranza tanto decantata dal presidente sloveno” attacca ancora il responsabile della tartaruga frecciata.

“Oggi, invece, apprendiamo che un altro palazzo verrà trasferito al popolo sloveno per ripagare (di nuovo) i danni causati da un gruppo di terroristi. E poi? Cos’altro dovremmo regalare ad una comunità che gode già di molti privilegi?” si interroga il responsabile della tartaruga frecciata. “Riteniamo questa decisione non solo sbagliata da un punto di vista storico e morale, ma anche pericolosa dal punto di vista sociale in quanto rischia di riaccendere vecchie polemiche di cui avremmo fatto sinceramente a meno” prosegue Clun.

“Riteniamo tale decisione totalmente illegittima in quanto nella legge 23 febbraio 2001, n. 38 si dice che il “Narodni Dom” è trasferita alla Regione Friuli-Venezia Giulia per essere utilizzato, a titolo gratuito, per le attività di istituzioni culturali e scientifiche di lingua slovena compatibilmente con le funzioni attualmente ospitate nei medesimi edifici, previa intesa tra regione e università degli studi di Trieste. Per questo - puntualizza Clun - riteniamo del tutto inammissibile che l’edificio venga ceduto e contestualmente sfrattata l’intera facoltà di interpreti e traduttori in via dell’Università. E non possiamo fare a meno di chiederci cosa tanto l’amministrazione Comunale quanto quella della Regione stiano facendo per impedire questo ennesimo scippo ai danni del popolo italiano".

“Stiamo valutando il da farsi - conclude Francesco Clun che, tuttavia, promette - ci opporremo a questa cessione in tutte le sedi possibili”.