Chiusura Help Center, i responsabili: «Aiutate quasi 4500 persone, esperienza da proseguire» (VOLUME SCARICABILE)

Sono quasi 4 mila 500 le persone aiutate dall’Help Center dal primo gennaio del 2018 fino al 17 maggio scorso. I numeri sono stati presentati da Dario Parisini, presidente del Consorzio Interland, da Michela Miele coordinatrice del gruppo di lavoro e in collegamento Alessandro Radicchi, responsabile dell’Osservatorio nazionale della solidarietà nelle stazioni italiane che racchiude 18 punti contando Trieste. Le testimonianza di chi si è rivolto alla struttura sono state raccolte nell’opuscolo “La strada e la stazione. L’esperienza dell’Help Center di Trieste”.
 
«Ciò che caratterizzava il nostro centro - spiega Parisini - era l’accoglienza e l’ascolto. Nel volume abbiamo voluto raccontare le storie di chi bussava alla nostra porta. Abbiamo deciso di aspettare un po’ per evitare di strumentalizzare la situazione dopo la scelta del Comune di non rinnovare la convenzione. Il problema sono le persone le quali sono senza un punto di appoggio. Vogliamo ribadire che ci siamo al fine di garantire un supporto a chi è in difficoltà. Non discuto le scelte del Comune dico che siamo pronti ad andare avanti anche soli».
 
Miele ha sottolineato la drammaticità delle storie che «possono capitare a chiunque e in ogni momento. L’Help center ha funzionato perché era all’interno di una rete in grado di fornire assistenza ed era in un punto strategico».
 
Radicchi ha invece rimarcato come «chiudere un help center vuol dire rinunciare a un modello che ha avuto successo in molti paesi europei. La scelta dell’amministrazione ci ha stupito a fronte delle 25 mila persone che si rivolgono a noi in tutta Italia. Siamo disponibili anche a trovare degli sponsor per far proseguire l’attività e faremo l’impossibile anche trattando direttamente con Ferrovie per riaprire una porta che non può e non deve restare chiusa».
 
L’Help center era stato aperto nell’aprile del 2016 e gestito per conto del Comune di Trieste dal Consorzio Interland Società Cooperativa Sociale, in associazione temporanea di impresa con la cooperativa La Quercia di Trieste e la cooperativa Duemilauno Agenzia Sociale di Muggia. Il punto di riferimento per persone in difficoltà era aperto tutti i giorni dalle 18 alle 20, anche i festivi, e oltre all’operatore era presente un lavoratore di pubblica utilità grazie alla convenzione con il Tribunale.
 
Dal primo gennaio 2018 al 17 maggio 2020 ci sono stati 21.578 accessi allo sportello (7.730 nel 2018, 9.122 nel 2019 e 4.726 nei primi mesi del 2020). In totale 4.479 nuovi utenti di cui 4.206 uomini e 273 donne. Tra questi erano presenti anche 162 minori (40 nel 2018, 86 nel 2019 e 36 nel 2020). Le cittadinanze sono state le più varie, da cittadini italiani a rumeni, passando per Pakistan, Afganistan, Iraq e Algeria.
 
Le richieste principali erano posti letto, poter ricaricare la batteria del cellulare, un sostegno nel compilare le pratiche burocratiche o dove reperire beni di prima necessità. L’attività era svolta a stretto contatto con tutte le realtà locali che si occupano di bassa soglia: la Comunità di San Martino al Campo che gestisce un dormitorio e un centro diurno, la Caritas, i volontari della Comunità di Sant’Egidio e naturalmente il Comune di Trieste.
 
«Sei italiano, sei triestino, sei laureato». Inizia così una delle storie raccolte da Barbara De Santis nel libro. Si tratta di P., un italiano «Ma sei anche alcolizzato, un po’ fuori di testa, senza un letto in cui andare a dormire». È italiano anche N. «25 anni scarsi, una breve vita perseguitata dalla malattia mentale. Sei un bel ragazzo, moro e con un paio di occhi verdi pazzeschi. Ti metti sempre in un angolo a colorare, concentrato sul tuo foglio, non alzi quasi mai lo sguardo. Sei come un bambino, di quelli timidi e introversi». In poche pagine il racconto drammatico degli “invisibili”, quei cittadini che nessuno vuole vedere.

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