Teatro Sloveno, con Medea oggi al via il programma serale

Inizia il Programma in abbonamento serale del Teatro Stabile Sloveno. Mercoledì 29 novembre alle ore 20.30 andrà in scena infatti l’ospitalità dello spettacolo che rientra nella collaborazione con il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia. Medea è una coproduzione del Centro Teatrale Bresciano con il Teatro degli Incamminati e con il Piccolo Teatro di Milano. La regia è stata firmata a metà degli anni ‘90 da Luca Ronconi ed è stata ripresa da Daniele Salvo. La particolarità di questa lettura è la scelta di un protagonista maschile per il ruolo di Medea: l’attore Franco Branciaroli.  È affascinante rileggere le riflessioni che condussero il regista a questa scelta: «Al di fuori di ogni cedimento a suggestioni introspettive totalmente estranee alla logica costruttiva delle dramatis personae della tragedia classica – asseriva Ronconi – Medea tende a presentarsi non tanto come una donna lacerata dall'amore o come una femminista ante litteram, quanto piuttosto come una 'minaccia', e per di più come una 'minaccia' che incombe imminente sul pubblico. Sin dalla prima lettura dell'opera risulta evidente che l'inganno è la principale arma della principessa barbara: ella non raggira soltanto Creonte, Giasone ed Egeo, ma cela i propri intenti anche al coro svelando solo all'ultimo il proprio segreto proposito di uccidere i figli avuti da Giasone. L'asse strutturale portante dell'architettura tragica - e cioè il rapporto tra coro ed eroe - è dunque inquinato sin dall'inizio da una perversa arte dissimulatoria: Medea riesce a guadagnarsi la complicità delle 'amiche' coreute occultando i propri reali progetti dietro le sue magniloquenti difese del sesso femminile. La scelta di un interprete maschile come Franco Branciaroli per il ruolo di Medea consente di tentare un'approssimazione all'oggettività della tragedia. Spostando il baricentro del dramma dal rapporto Medea-Giasone a quello Medea-coro e sottraendo parallelamente il testo alle interpretazioni 'psicologiche' e socialmente 'rivoluzionarie', Medea svela infatti la propria autentica identità di maschera impenetrabile, figura di un'irriducibile alterità pronta a pietrificare, come una nuova Medusa, chi cerchi di decifrare il suo segreto. Recuperando la prospettiva di Euripide, che sin dal titolo opta per il punto di vista della protagonista a scapito di quello del coro, l'ossimoro di una Medea-uomo traduce scenicamente l'ambiguo statuto del 'personaggio': il pubblico vede l'enigma nefasto che al coro è nascosto». Scritta nel 431 a. C da Euripide, la tragedia vuole che Medea, principessa della Colchide e dotata di un sinistro potere magico, per amore di Giasone lo aiuti a sottrarre il vello d’oro e lo segua lontano dalla propria patria, dandogli due figli. Conclusa la spedizione degli Argonauti, però, Giasone rientra nei canoni della sua vita normale e vuole sposare la nobile Creusa. Medea è d’intralcio a tali progetti e viene dunque ripudiata da Giasone senza pietà. Le si intima di lasciare immediatamente Corinto e di affidare al padre i bambini avuti da Giasone. La sua ira è incontenibile: finge di accettare il crudele destino e invece uccide i propri stessi figli per vendetta, e prima di loro anche Creusa, la rivale in amore, cui dona una tunica avvelenata. Testimoni di tutta la tragedia sono le donne di corinto, il coro che costantemente commenta i fatti e dialoga con la protagonista.