Tartini, unica integrale delle opere pianistiche di Debussy realizzata da un conservatorio italiano

“En blanc et noir” (... mais les bémols sont bleus!): l’integrale delle opere pianistiche per due e quattro mani di Achille-Claude Debussy a cento anni dalla sua morte. Dal 10 al 14 dicembre al Conservatorio Tartini, una produzione a cura della Scuola di Pianoforte del Conservatorio di Trieste, coordinata dal maestro Massimo Gon.

L’esecuzione integrale delle opere pianistiche di Debussy, articolata in cinque serate, presenta il pregio di essere l’unica realizzata a livello nazionale da un Conservatorio italiano che coinvolga unicamente studenti, appartenenti a ogni grado del percorso formativo, dai più precoci talenti dei corsi pre-accademici ai giovani professionisti che frequentano i corsi accademici. Un’occasione unica per immergersi con freschezza in quella “cattedrale piena di simboli che viaggia attraverso il tempo”, come Jarociński definiva la musica di Debussy, trascolorante e fatalmente immersa nel regno della più pura bellezza.

Gli interpreti – lunedì 10, martedì 11, mercoledì 12, giovedì 13 dicembre alle 18 in Aula Magna al Conservatorio Tartini e venerdì 14 dicembre alle 18 in Sala Tartini – saranno: Clarissa Boletig, Milena Carlini, Llambi Cano, Stefano Cascioli, Luca Chiandotto, Nairi Codarin, Jan Coretti, Federico De Stefani, Federico Forti, Beatrice Gessi, Sebastiano Gubian, Viktor Guraziu, Kristi Hifzi, Maria Iaiza, Teodora Kapinkovska, Katarina Ladisic, Elisa Milo, Alberto Olivo, Giulia Paccagnin, Francesca Pallini, Marco Risolino, Theo Russi, Sara Shehata, Mario Sula, Konstandin Tashko, Georgi Valchev, Andrea Virtuoso, Jovana Vucevic, Davide Francesco Zetto e Adelajd Zhuri.

Ingresso libero. Info: www.conts.it

A cento anni dalla morte, la musica di Achille-Claude Debussy conserva intatta quella dirompente carica innovativa che ha segnato la storia della musica moderna e contemporanea. Compositore versatile, ha segnato una svolta in ogni genere musicale a cui si è dedicato, da quello teatrale a quello sinfonico e cameristico, ma è in particolare nella produzione per pianoforte che la sua concezione visionaria del suono ha raggiunto vertici assoluti.

Il filosofo Stefan Jarociński ha definito Debussy “il poeta di un paese che non esiste” e ne ha sottolineato il gusto per la sonorità e per il colore, ereditato da Chopin e Liszt. Per Debussy la musica francese vuole, prima di tutto, “far piacere”, ma la sua esplorazione non si limita mai a una ricerca, seppur raffinata, dei valori timbrici. Al centro delle sue creazioni è posto infatti il suono come fenomeno complesso, attraverso cui traspare una concezione filosofica e poetica che trae ispirazione dal vivace fermento culturale di inizio Novecento. Ma la sua musica è libera, sorge e ritorna nel silenzio, disegnando misteriosi arabeschi che ascoltano solo i suggerimenti “del vento che passa”, come raccomandava monsieur Croche, il personaggio immaginario che appare e scompare negli scritti critici debussyani. Man mano che si susseguono, i suoni sciolgono le ancore della nostra immaginazione e invitano a intraprendere il viaggio nel mare della vita e della conoscenza, sempre celando accuratamente le colonne, pur presenti, delle strutture che li sorreggono.