Si presenta il collettivo Un'altra città: «Grave degrado politico, culturale e umano a Trieste»

Promuovere una rete per Un'altra città: per passione civile, per tensione etica e politica, per non restare passivi e per il piacere di dialogare con tutti e di agire insieme. Costruire un dibattito sui temi che investono tutti: dalla scuola alla sanità, dal lavoro all'ambiente, alla cultura, questioni decisive per il futuro di Trieste. E’ questo l’obiettivo della nuova rete di cittadini Un'altra città che si sta formando a Trieste, e che lancia la sua call a chiunque sia interessato ad aggiungersi, o perlomeno ad ascoltare le ragioni del nuovo movimento civile: sabato 6 aprile, alle 16 nella Sala Giubileo di Riva 4 novembre, la rete dà appuntamento ai triestini che condividono l’esigenza di avviare un percorso di riflessione comune per Un'altra città. Stamane Un'altra città si è presentata alla stampa triestina, ecco i nomi dei primi promotori dell’iniziativa: Sara Alzetta, Roberta Balestra, Aldo Balzia, Sabrina Benussi, Cecilia Blasetti, Siva Bon, Cristina Bonadei, Deborah Borca, Leo Brattoli, Eliana Camacho, Fabrizio Caperchi, Giuliana Carbi, Giancarlo Carena, Loredana Casalis, Veronica Cendon,  Guido Chiarotti, Franco Codega, Maria Grazia Cogliati Dezza, Andrea Collavino, Cristiano Cozzolino, Stefano Cristiani, Ambra Cusin, Roberto Dambrosi, Laura de Dona’,Giovanna Del Giudice, Peppe Dell’Acqua,  Francesco De Luca, Max  De Walderstein,  Gianfranco Depinguente,  Claudia Ehrenfreund, Luigina Fabiocchi, Edoardo Fugali, Monica Gotti, Isabella Herlinger, Gilda Kramarsic, Carlo Iernetti, Riccardo Laterza, Giulio Lauri, Silvano Magnelli, Fabiana Martini, Roberto Metz, Doriano Nanut, Kevin Nicolini, Gianluca Nigro, Maria Luisa Paglia, Linamaria Palumbo, Dario Parisini, Guido Pesante, Pietro Polotti, Carla Prosdocimo, Nicoletta Romeo, Franco Rotelli, Pieraldo Rovatti, Luisa Russo, Gianfranco Schiavone, Daniela Schifani Luchetta, Marcela Serli, Lorella Tessarotto, Massimo Tierno, Tiziana Ugo, Maria Vanto, Lella Varesano, Elisa Vladilo, Giorgio Zaccariotto, Maurizio Zacchigna, Fabio Zoratti «Una rete – spiegano i promotori - per tornare ad ascoltare le persone, le loro paure, la loro rabbia, i loro desideri, le loro speranze, le loro critiche; una rete per ascoltare Trieste, le sue periferie, il suo tessuto produttivo, il suo disagio, ma anche la sua allegria e il suo sacrosanto particolarismo e campanilismo. Siamo preoccupati per il grave degrado politico, culturale e umano che vivono il nostro Paese e la nostra città, reso palpabile dalle scelte populiste e xenofobe dell’attuale governo. Nella realtà locale quello che ci preoccupa, accanto al continuo espandersi della povertà e della precarizzazione del lavoro, è il conformismo e l’apparente indifferenza con cui la città affronta una fase che potrebbe invece avere una significativa evoluzione culturale, economica e sociale. Porto e Porto Vecchio, Turismo, Scienza, Infrastrutture, Mare, Caduta dei Confini, Produzione culturale, Welfare generativo, Regione Autonoma: sono tutte parole che evocano potenzialità enormi e peculiari di Trieste, ancora da valorizzare appieno. Senza dimenticare il tema “sicurezza”: una parola-chiave, strumentalizzata fino all'usura, che va ben oltre i problemi del decoro cittadino e della lotta all’immigrazione, e che deve tornare a includere questioni fondamentali come la giustizia sociale, il diritto al lavoro, alla casa, allo studio, alla salute. In pratica a una vita degna di essere vissuta. A Trieste si preferisce penalizzare i bambini negando nelle mense scolastiche il menu’ turistico o fare ronde sul Carso, dare armi alla Polizia Locale, tagliare alberi, fare parcheggi per le roulotte a Barcola o immaginare un anacronistico Parco del mare a ridosso del bagno più amato dai triestini. Intanto però non si coprono i buchi all’ex Maddalena e a Roiano, non c'è una rete adeguata di piste ciclabili, i grandi cassonetti per i rifiuti dicono da soli l'arretratezza del sistema, scarseggiano i luoghi di ampia aggregazione e non c'è quasi più un solo posto dove i ragazzi possono ascoltare e fare musica». Un'altra città invita quindi a partecipare, a trovare il tempo, il modo e il contesto per dire la propria. Tanti gli esempi in cui ‘un’altra città’ ha dato prova di sé: dalla osteggiata mostra degli studenti del Petrarca al contro-corteo in occasione della manifestazione nazionale di Casa Pound, così come nel fermento culturale e sociale prodotto da realtà associative indipendenti. Sono solo alcuni esempi dei molti cittadini, gruppi e associazioni che si muovono in direzione ostinata e contraria, a servizio di un bene comune e di un'altra idea di città. Microcosmi che, pur desiderandolo, spesso non riescono a fare rete e massa critica. Piccole realtà autonome e coraggiose che non hanno una casa comune, che fanno fatica a riconoscersi nei partiti, che sono in cerca di uno spazio materiale di confronto pubblico e umano.