Sap: «No ai numeri identificativi sulle divise degli operatori di polizia»

«Siamo per la trasparenza e la verità e per questo motivo riteniamo che i numeri identificativi sulle divise degli operatori di polizia, oltre ad essere uno strumento vecchio ed obsoleto, si presterebbero a sostegno di chi vuole screditare l’operato con false e strumentali denunce di fantomatici abusi. La realtà vista e sentita per mezzo di una telecamera è invece una prova incontrovertibile».

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Lo rileva Lorenzo Tamaro - Segretario Provinciale SAP

«Alla petizione - continua la nota -  lanciata da Amnesty International per chiedere una normativa che fornisca ai poliziotti impegnati in servizio di ordine pubblico un numero identificativo, denominata” Forza Polizia mettici la faccia” al fine di individuare i soggetti appartenenti alle forze di polizia responsabili di eventuali abusi, rispondiamo che volentieri siamo disposti ad esporci anzi quotidianamente già i poliziotti "mettono la faccia" in ogni attività che svolgono al servizio del cittadino».

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«Il SAP da anni - ancora Tamaro -  si sta battendo addirittura per ottenere che ogni agente, sulle nostre divise, auto di servizio e celle di sicurezza sia dotato di telecamere in modo da documentare l’intero intervento, senza tagli di comodo o strumentalizzazioni: un vero report di un'azione di polizia».

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«Anche a Trieste - viene sottolineato - , già nel dicembre 2014 fu fatta la campagna del SAP “verità e giustizia” con l’acquisto delle “spy pen”, distribuite poi ai poliziotti del capoluogo giuliano; un incentivo all’utilizzo e soprattutto all’acquisto da parte del Governo delle telecamere, in risposta ai numeri identificativi che di fatto rappresenterebbero un serio pericolo per l’incolumità dell’agente sottoposto ad una vera e propria schedatura a senso unico ed esponendolo senza difesa a  strumentalizzazioni, gogne mediatiche e perfino, come già accaduto, vere e proprie “caccia allo sbirro” con tanto di pubblicazione di foto e dati personali nel mondo oscuro della rete “deep web”».

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«Riteniamo - ancora -  che tale petizione proposta da Amnesty International rappresenti un capovolgimento di quanto sia piuttosto necessario e cioè schedare i delinquenti, non i poliziotti».

«Ci mettiamo la faccia - conclude - , eppure la voce, con l’utilizzo però delle telecamere, per mostrare realmente quello che accade da una parte e anche dall’altra, a differenza di una realtà parziale, faziosa e spesso falsa che potrebbe essere generata dagli “alfanumerici” Un’operazione verità la nostra, quella delle telecamere, che un’organizzazione importante come Amnesty International, potrebbe perfino appoggiare in sostituzione a quella degli “alfanumerici”. La verità è sinonimo di legalità, una battaglia percorribile anche da “un movimento che si prefigge di “creare un mondo giusto” e che mette “in evidenza le ingiustizie”, come ad esempio anche quelle di false accuse e generalizzazioni sterili nei confronti delle forze dell'ordine».