Ogs: «Ridurre il riscaldamento globale altrimenti le conseguenze saranno devastanti»

L’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) lo chiede da anni e l’ha appena ribadito nel rapporto quinquennale presentato l’8 ottobre: se non si interverrà rapidamente per ridurre il riscaldamento globale mantenendolo entro i limiti del +1.5 °C le conseguenze per il nostro Pianeta e l’umanità saranno devastanti.

La conoscenza della situazione attuale dei ghiacci polari diventa quindi di estrema importanza per capire quali sono i margini di intervento.

Una review pubblicata sulla rivista Nature Communications e un report su Scientific Reports, entrambi coordinati da Florence Colleoni, ricercatrice della Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici – CMCC (oggi in forza all’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS), fanno il punto su come è cambiata nel tempo la risposta della calotta Antartica al riscaldamento oceanico e su cosa indagare per meglio prevedere l’evoluzione futura. E risultato comune a entrambi è l'evidenziazione della necessità di completare la mappatura della topografia sub-glaciali, che regola la velocita di discarica di ghiaccio nell’oceano, per poter meglio identificare i principali punti di non ritorno da non oltrepassare e predire l’ampiezza dei cambiamenti del livello del mare in atto.

L’ANALISI DEI DATI PRECEDENTI

Per capire cosa succederà alla calotta polare dell’Antartide con il riscaldamento globale, la review, frutto del lavoro di un gruppo internazionale di ricercatori si è concentrata su come la calotta stessa ha risposto in passato ai cambiamenti e soprattutto sui come modelli previsionali possono integrare le osservazioni e le rilevazioni di oggi con quelle di ieri.

“Anche se grazie a questi modelli possiamo fare delle ipotesi sull’andamento futuro, i risultati predittivi dei modelli fisici sono profondamente influenzati dalla mancanza di dati topografici completi e dalla parziale conoscenza di alcuni processi oceanici, glaciologici e idrologici” spiega Florence Colleoni in una nota del CMCC (Link).

“Le dinamiche glaciali - prosegue Colleoni - sono principalmente determinate da come il ghiaccio fluisce al di sopra dello strato roccioso che si trova al di sotto di essa. Ma la mancanza di un’accurata topografia sub-glaciale (con l’individuazione della presenza di eventuali cavità, rilievi, laghi, argini, etc), dovuta all’oggettiva difficoltà di mappare l’intera calotta antartica, rende difficile simulare con dei modelli il comportamento del ghiaccio, come fluisca al di sopra della piattaforma, e la sua risposta alle variazioni atmosferiche e oceaniche. Questo è anche il motivo per cui le proiezioni sul contributo futuro dell’Antartide a variazioni del livello del mare rimangono altamente incerte. Sappiamo inoltre che l’oceano riveste un ruolo decisivo nell’assottigliamento e progressivo collasso delle piattaforme glaciali, ma disponiamo di ben poche osservazioni su come avviene la circolazione oceanica al di sotto delle piattaforme glaciali, o quanto sia calda l’acqua dell’oceano”. Di questo si sta occupando anche l’IPCC che sta lavorando a un rapporto speciale su “Ocean and Cryosphere” la cui uscita è prevista per il 2019 con l’obiettivo di valutare lo stato delle osservazioni esistenti e della comprensione di questi processi nelle zone polari.

La review ha dunque fatto il punto su quello si conosce delle interazioni e dei processi fisici che si verificano all’interfaccia tra calotta glaciale, il suolo roccioso sottostante la calotta (bed), l’oceano e i margini continentali attorno all’Antartide.

A causa dei cambiamenti climatici in atto, la calotta glaciale antartica potrebbe infatti ridursi notevolmente nei prossimi anni, non tanto per effetto dello scioglimento superficiale dei ghiacciai, come avviene per esempio in Groenlandia, ma per il sempre più frequente distacco di iceberg dalle sue estremità. Il futuro dell’Antartide è inoltre minacciato da un altro fenomeno, solo di recente identificato dai ricercatori: lo scioglimento delle piattaforme glaciali antartiche per effetto dell’intrusione di calde acque profonde circumpolari, un processo che sarebbe responsabile del rapido assottigliarsi e ritirarsi delle piattaforme glaciali galleggianti dell’Antartide osservato durante le ultime decadi. I modelli numerici mostrano che questo processo potrebbe portare velocemente alla scomparsa della calotta glaciale antartica occidentale (WAIS – West Antarctic Ice Sheet), si appoggia sul fondo del mare e non sulla terra ferma e per questo è particolarmente vulnerabile e sensibile al riscaldamento oceanico e all’innalzamento del livello del mare; in Antartide, inoltre, se la topografia sotto la piattaforma di ghiaccio avesse una pendenza rivolta verso l’interno (come la piattaforma continentale, più erosa nelle zone più interne), e non verso l’oceano, il collasso potrebbe essere ancora più rapido. Anche i record fossili ritrovati nei sedimenti marini documentano come il collasso delle calotta glaciale antartica occidentale e alcuni settori orientale si sia verificato ripetutamente nel corso degli ultimi 5 milioni di anni.

LA RISPOSTA DELLE CALOTTE POLARI AI CAMBIAMENTI CLIMATICI

Lo studio pubblicato su Scientific Reports ha rilevato come negli ultimi 34 milioni di anni, la piattaforma continentale antartica sia gradualmente sprofondata a causa del carico di ghiaccio, dello sprofondamento termico della crosta e dell'erosione dovuta a ripetute glaciazioni. Un particolare cambio nello sprofondamento si è registrato nei depositi sedimentari attorno al margine antartico, dopo il Miocene medio (circa 15 milioni di anni fa).

“Analizzando i dati sedimentari del margine continentale della calotta glaciale antartica, emergono tuttavia differenze dinamiche fondamentali della calotta tra l’epoca Miocenica (circa 20 Millioni di anni fa) e la storia più recente dell’Antartide, conseguenza probabile dell’abbassamento graduale della CO2 nel tempo.” dice Laura De Santis (OGS).

“In base a queste osservazioni passate, abbiamo effettuato decine di simulazioni numeriche dell’evoluzione della calotta, variando le temperature oceaniche, il livello del mare eustatico e il clima” precisa Colleoni.

Il risultato delle varie simulazioni mostra chiaramente che l'evoluzione dello sprofondamento e dell'espansione dei margini continentali, aumenta la sensibilità della calotta glaciale antartica alle fluttuazioni di temperature oceaniche, indipendentemente del contesto climatico. Il clima modula quindi l’ampiezza della risposta della calotta sia alla batimetria che alla forza oceanica. Lo studio ipotizza quindi che

la calotta ha contribuito all'amplificazione della propria sensibilità alle correnti oceaniche ampliando ed erodendo gradualmente la piattaforma continentale, che probabilmente ha cambiato i suoi punti di non ritorno (tipping point) nel tempo.

Anche in questo caso, la mancanza di ricostruzioni topografiche e batimetriche implica che finora abbiamo ancora una comprensione incompleta della risposta rapida della calotta alle condizioni climatiche calde del passato, che è cruciale per comprendere la sua evoluzione futura. Tuttavia, le incertezze nel contributo della calotta glaciale alle variazioni del livello del mare in passato o ad altri meccanismi di forzatura nei periodi chiave, come il Miocene medio, il Pliocene medio o l'Ultimo interglaciale, sono ancora grandi.

Ma ricostruire la morfologia dei fondali marini del passato e la topografia subglaciale sottostante, è molto difficile.

Le ricostruzioni precedenti delle calotte glaciali forniscono utili informazioni sulla risposta alle variazioni climatiche calde e fredde di diverse grandezze.

Comprendere meglio queste caratteristiche diventa dunque determinante per poter valutare con un grado di minor incertezza il contributo dell’Antartide alle variazioni future del livello del mare e del clima.

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Spatio-temporal variability of processes across Antarctic ice-bed–ocean interfaces – Nature Communications (2018)9:2289

Hanno collaborato: Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici – CMCC, Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS, Colorado College, Istituto di Scienze Marine - CNR, Victoria University of Wellington, Alfred Wegener Institute, University of Bremen, Montclair State University e Imperial College of London

Past continental shelf evolution increased Antarctic ice sheet sensitivity to climatic conditions – Scientific Reports 9: 2289 (2018)

Hanno collaborato: Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici; dell'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS; del Dipartimento Scienze Fisiche, della Terra e dell’Ambiente dell'Università di Siena; dell'Earth Research Institute, University of California di Santa Barbara; della Louisiana State University, Department of Geology and Geophysics; del Department of Geography, University of Sheffield, UK; di CNR-ISMAR e di A.P.E. Research srl