Primarie Pd, Caterina Conti: «Trionfo Zingaretti a Trieste, 2/3 hanno votato per lui»

«Dipendesse solo dal voto degli iscritti del partito, Nicola Zingaretti oggi sarebbe già segretario nazionale del PD con una maggioranza assoluta che va oltre il 50%. E il FVG ha dato il suo contributo importante a questo risultato. Spicca su tutti il voto di Trieste, dove il governatore del Lazio supera il 67%, staccando di misura gli altri candidati. Purtroppo i dieci mesi che ci separano dal tracollo delle politiche del marzo scorso non sono stati sufficienti per ripensare il meccanismo discutibile delle primarie, ragion per cui adesso il partito dovrà impegnarsi in una campagna congressuale che non riguarderà l'appuntamento cruciale delle elezioni europee, ma la scelta del segretario aperta a tutti».  Lo rilevano in una nota Caterina Conti  e Lorenzo Cociani  (Area Sinistra PD).

«Quanto - continua la nota -  impopolare nel PD sia questo passaggio lo dimostra il documento votato pressoché all'unanimità in quasi tutti i congressi di circolo di Trieste e di Gorizia in cui si sollecita “una riflessione attenta – sia in sede congressuale sia in quella successiva – sulle modalità di definizione dei nuovi organismi dirigenti, in particolare per quanto riguarda la designazione del segretario nazionale, ritenendo del tutto anomala anche nel quadro europeo la sua elezione con lo strumento delle primarie. Primarie” – così continua il documento - “di cui si riconosce invece piena la validità per la designazione dei candidati alle elezioni ai vari livelli o per l'individuazione del candidato premier”. Il risultato dei congressi di circolo si presta quindi ad alcune considerazioni».

«Per Trieste - sottolineano gli esponenti Pd -  c'è anzitutto una conferma: la sinistra del PD anche nei precedenti congressi era forza di maggioranza relativa; stavolta è diventata forza di maggioranza assoluta (67%) perché il 4 marzo 2018 non è passato invano, e molti militanti ed esponenti di primo piano che in passato avevano dato il loro sostegno a Renzi, questa volta hanno indicato il bisogno di discontinuità, come nel caso di due personalità significative quali Russo e Cosolini. In generale è prevalso nel voto degli iscritti il candidato alla segreteria meno compromesso nella gestione renziana del Partito, quello che per di più aveva dimostrato di saper stabilire rapporti con altre forze democratiche e con la società civile, quello che ha saputo costruire una leadership condivisa e forte per garantire una maggioranza nel governo della sua Regione».

«Sarebbe - ancora Caterina Conti  e Lorenzo Cociani-  tuttavia un errore presentare i risultati di Zingaretti come un regolamento dei conti interni con la classe dirigente uscente, come una rivincita. Perché se Renzi e i suoi ex sostenitori hanno indubbie responsabilità nei rovesci elettorali, sia nelle politiche che nelle precedenti amministrative e nella consultazione referendaria, la crisi e le difficoltà con cui si confrontano le forze riformiste in Europa e in tutto l'Occidente vengono da più lontano e da responsabilità che riguardano tutti i gruppi dirigenti. L'altro dato che emerge da questi congressi è l'evidente debolezza del Partito, il numero ridotto degli iscritti e dei partecipanti ai congressi di circolo. E proprio questo elemento fa capire che il segnale da dare ora non è quello di una rissa interna che continua, delle divisioni che ci sono state rimproverate (e di cui tutti portiamo responsabilità), ma quello di un’unità da ritrovare. Il successo di Zingaretti, uomo che ha saputo perseguire alleanze anche al di fuori del partito, favorisce questa ricomposizione dell’unità».

«Malgrado - concludono Caterina Conti  e Lorenzo Cociani-  siano note le riserve sulle primarie per eleggere il segretario del PD, l'appello che a questo punto ci sentiamo di lanciare a nome di tanti iscritti del Partito è per la più ampia mobilitazione possibile dei nostri militanti, perché il 3 marzo si vada a votare e si confermi l'indicazione che i congressi di circolo hanno dato. È della massima importanza che Zingaretti venga eletto anche nelle primarie a maggioranza assoluta, per evitare l'ulteriore ennesima fase dell'Assemblea nazionale chiamata a scegliere sulla base di inevitabili compromessi. La vocazione di un PD come forza politica riformista e di centro sinistra è l'obiettivo che ci diamo a Trieste e nella Regione».