«Basta appalti alle imprese di fuori regione. Tuteliamo gli operatori del Friuli-Venezia Giulia»

Una disciplina regionale su appalti e lavori pubblici, che risponda in maniera efficace ed efficiente alle necessità della realtà del Friuli-Venezia Giulia, nell’esercizio delle opportunità offerte dalla specialità regionale e che guarda a chi – le due Province Autonome di Trento e Bolzano – già legifera in materia con ottimi risultati. Dopo la mozione sul tema approvata all’unanimità dall’Aula il 4 dicembre, il Gruppo Consiliare del Patto per l’Autonomia ha presentato una proposta di legge regionale per semplificare e velocizzare le procedure di aggiudicazione da realizzarsi sul territorio del Friuli-Venezia Giulia e promuovere l’accesso delle piccole e medie imprese locali ai lavori pubblici, favorendo il rilancio del settore edile – in gravissima crisi – e con una profonda ricaduta economica e sociale sulla regione. È stato il capogruppo del Patto per l’Autonomia in Consiglio regionale Massimo Moretuzzo a illustrare la proposta normativa nel corso del convegno “Economia regionale: quali le prospettive e le opportunità con una nuova legge regionale per i lavori pubblici?”, organizzato dal Gruppo Consiliare nella sede della Regione a Udine e che ha visto come relatori l’economista Fulvio Mattioni e Sandro Fabbro, professore di Urbanistica e Politiche urbane e regionali all’Università di Udine. Al dibattito finale sono intervenuti Roberto Contessi, presidente di Ance Udine, Alberto Monticco, segretario generale di Cisl Fvg, Denis Petrigh, vicepresidente di Confapi Fvg, Villiam Pezzetta, segretario generale di Cgil Fvg, e Graziano Tilatti, presidente di Confartigianato Fvg, che hanno espresso il pieno sostegno all’iniziativa del Gruppo Consiliare del Patto per l’Autonomia, auspicandone l’accoglimento tempestivo da parte di tutto il Consiglio regionale per sbloccare una situazione che penalizza fortemente il comparto, nell’interesse di tutto il territorio. Hanno inoltre accolto l’invito di Moretuzzo a stringere un’alleanza territoriale tra portatori di interesse per elaborare un piano straordinario per il lavoro.

Nel dettaglio, gli interventi previsti nella proposta di legge “Nuove norme in materia di lavori pubblici di interesse regionale e locale” del Gruppo Consiliare del Patto per l’Autonomia – che sarà depositata a breve – riguardano il calcolo del valore degli appalti, imponendo l’utilizzo del prezzario regionale per facilitare l’azione delle stazioni appaltanti e garantire agli operatori economici di avere accesso a gare ben calibrate; la selezione degli inviti nel caso di procedure negoziate e criteri di valutazione delle offerte con l’obiettivo di promuovere l’accesso ai lavori pubblici delle imprese locali, valorizzando il legame di queste ultime con il territorio sul quale operano (operatività rispetto al luogo dei lavori, uso delle filiere locali, minor impatto ambientale) e le esperienze acquisite nei confronti delle stazioni appaltanti della regione; sopralluogo obbligatorio per permettere la formulazione consapevole delle offerte; elenco regionale degli operatori economici per velocizzare le procedure di assegnazione dei lavori.

«I lavori pubblici sono un settore fondamentale e imprescindibile per l’economia e la società della nostra regione, in pesantissima crisi da tempo – ha sottolineato Massimo Moretuzzo nel corso del convegno, che ha visto la partecipazione di numerosi imprenditori edili –. Il settore edilizio ha dimezzato il proprio valore aggiunto rispetto a 7 anni fa, così come le imprese e i dipendenti iscritti alle casse edili nostrane. Non è più tempo di stare a guardare aspettando una ripresa che è rimasta sempre dietro l’angolo. Tra le potestà legislative in capo alla Regione vengono specificatamente ricompresi anche i lavori pubblici di interesse locale e regionale. La nostra proposta di legge va nella direzione di concretizzare questa importante opportunità per il territorio».

D’accordo Fulvio Mattioni. Per dare sicurezze e contrastare la recessione che investe il Friuli-Venezia Giulia – con un Pil al ribasso per il 2019 stimato dello 0,5% – è necessario intervenire sul settore edilizio del Friuli-Venezia Giulia e sulle opere pubbliche, in particolare «recuperando i nostri centri storici (con tanti privati disposti a impiegare parte dei loro risparmi giacenti in infruttuosi depositi bancari), riempiendo le buche per rendere sicure le nostre strade, mettendo in sicurezza le nostre scuole, prevenendo il dissesto idrogeologico e quello sismico. Lavori da qualche centinaio di milioni di euro, insomma. Se davvero si vuole uscire dalla recessione, partire dalla componente pubblica dell’edilizia è partire con il piede giusto a patto, però, che siano coinvolti i Comuni, che la taglia dei lavori sia tale da non lasciare spazio a speculazioni, che lavorino le imprese locali e, tramite loro, l’indotto ultra-qualificato composto da artigiani e professionisti nostrani».

Temi che vedono in prima linea anche l’Università di Udine. «Il piano straordinario di investimenti nel territorio, di cui ci siamo fatti portavoce come “Cantiere Friuli”, consiste in un massiccio innesto di risorse, pubbliche  e private, pari ad almeno 5 miliardi di euro, da realizzarsi in un arco di tempo di circa 5 anni. La finalità del piano – ha spiegato Sandro Fabbro – è il rilancio e l’attivazione, mediante la leva finanziaria pubblica (un terzo circa delle risorse), di una forte domanda di interventi privati (due terzi delle risorse) in settori dove, assieme alla soddisfazione di bisogni abitativi primari, si possa generare anche il più elevato moltiplicatore economico e occupazionale. Questi interventi sono quelli dell’edilizia per l’adeguamento antisismico e per la riqualificazione energetica degli edifici, per la sicurezza idrogeologica, per il recupero, bonifica e anche rinaturalizzazione di aree dismesse, per supportare la mobilità con modalità di trasporto pubblico sostenibile. Si tratta di interventi che non solo rilanciano il lavoro e l’occupazione nella più grande filiera economica regionale (quella della casa e delle costruzioni), ma producono anche grandi benefici sociali, perché rinnovano e ridanno funzioni al capitale territoriale regionale (e friulano in particolare) che, in questi ultimi anni, ha subito una forte contrazione in termini di efficienza e di valore.  Non è, quindi, solo “crescita” indiscriminata. Non è quindi solo produzione di nuova “ricchezza”, magari mal distribuita. Questo processo punta, invece, a rigenerare “valore” in senso complessivo: non solo economico, ma anche sociale e territoriale».

Un intervento necessario e urgente, alla luce dell’attuale situazione dell’economia regionale. I dati fotografati da Mattioni sono impietosi: negli ultimi 10 anni il Friuli-Venezia Giulia (peraltro sempre più vecchio) ha perso oltre 5.246 imprese (-6,4%); tra il 2009 e il 2018 la manifattura regionale ha perso 1.541 imprese (-14,5%), i trasporti quasi un quarto, il commercio oltre l’11%. Se nel periodo 2008-2017 l’export del Nordest cresce dell’11,6% e quello del Nordovest dell’8%, quello della provincia di Udine perde il 15,7% e quella di Pordenone l’11,2% (circa 1,5 miliardi di euro, assieme). Nel 2017 i lavoratori inutilizzati dall’economia del Friuli-Venezia Giulia (cioè la somma di disoccupati, scoraggiati e sospesi) sfioravano le 80 mila unità (erano 44 mila 10 anni fa) e, molto probabilmente anche nel 2018, ma la situazione peggiorerà parecchio nel corso del 2019, favorendo – come accade da anni – un flusso di espatri di laureati e diplomati dal Friuli-Venezia Giulia verso destinazioni più attraenti.