«No al decreto Salvini, dignità per i richiedenti asilo»: sabato manifestazione in piazza Unità

«PRESIDIO PER AFFERMARE UNA FORTE OPPOSIZIONE AL DECRETO SALVINI E RIVENDICARE UN MODELLO DI ACCOGLIENZA DIGNITOSO davanti alla prefettura di Trieste, sabato 16/3 alle 15.30». Lo rilevano in una nota gli organizzatori della manifestazione "Buonisti un cas" «Non - continua la nota - siamo buonisti, vogliamo lavorare per un sistema di accoglienza che tuteli davvero la dignità di richiedenti asilo e rifugiati, dei lavoratori e della comunità tutta. Contro il Decreto Sicurezza e contro lo smantellamento dell’accoglienza diffusa! Con il DL Sicurezza e Immigrazione il governo dichiara guerra al mondo dell’accoglienza colpendo duramente i diritti di richiedenti asilo e rifugiati e vent’anni di lavoro, esperienze e buone pratiche del settore, in un contesto nazionale che vede riversare nel diritto d'asilo la quota maggiore degli attuali flussi migratori extra-europei». «Dopo - viene sottolineato -  aver eliminato la protezione umanitaria, negato l’iscrizione anagrafica ai richiedenti asilo e ristretto l’accesso al sistema Sprar solo a chi è già titolare di protezione e ai minori stranieri non accompagnati, il Ministero dell’Interno ha introdotto un nuovo capitolato d'appalto che mira a stravolgere tutto il resto del sistema d’accoglienza, ovvero quello dei Cas (Centri di Accoglienza “Straordinaria”). Non solo questo provvedimento non fa alcuna distinzione tra veri progetti d’accoglienza e mere speculazioni sulla pelle dei e delle richiedenti asilo, ma anzi, mira a colpire in modo particolare quelle realtà che fanno dell'integrazione reciproca il proprio obiettivo, abbattendosi come una scure su tutte quelle spese che vanno oltre la sussistenza». «Il taglio - ancora - fino al 40% delle risorse rende di fatto insostenibile l’accoglienza diffusa - modello realizzato a Trieste non solo nello Sprar ma anche nei Cas e che consente alle persone di abitare in appartamenti o in strutture di piccole dimensioni - ed incentiva invece un business dei grandi centri eliminando servizi fondamentali come quelli d’integrazione e dell’insegnamento della lingua (unico paese in Europa) e diminuendo drasticamente tutte le voci dei servizi alla persona (supporto psicologico, legale, linguistico, sanitario, trasporti).  L’eliminazione e la riduzione di questi servizi si concretizzerà direttamente nel taglio del personale. Secondo la filosofia del DL, i lavoratori dell’accoglienza non sono considerati come professionisti del settore, portatori di specializzazione e qualità maturata negli anni, ma come un costo da tagliare. I soggetti che vorranno partecipare ai nuovi bandi d'appalto per i servizi d'accoglienza con queste condizioni si vedranno costretti ai licenziamenti collettivi; gli altri alla chiusura definitiva del servizio. A livello nazionale si parla di circa 40 mila lavoratori in esubero, circa 150 nella città di Trieste». «Prevedendo - riferiscono - inoltre una sola operatrice/operatore ogni 50 ospiti, il capitolato mette bene in chiaro che l’obiettivo del governo è trasformare l’accoglienza in un puro sistema di contenimento di persone straniere additate come pericolo dal discorso razzista, in un meccanismo che, anziché supportare i progetti delle e dei richiedenti asilo, produrrebbe donne e uomini ancora più ricattabili e sempre più a rischio di sfruttamento lavorativo e di violenza, alimentando disuguaglianze e tensioni sociali.  Per questo abbiamo deciso di fare sentire la nostra voce e iniziare un percorso di mobilitazione nazionale dei lavoratori e delle lavoratrici dell’accoglienza». «Rifiutiamo - cncludono -  la paura, l’odio e la violenza che si giocano sulla pelle delle donne e degli uomini migranti e rivendichiamo un modello d’accoglienza dignitoso per chi ne è ospite e per chi ci lavora, che riservi attenzione al benessere psicofisico di chiunque lo attraversa. Denunciamo l’arroganza di un governo che mette a rischio come se niente fosse il lavoro di decine di migliaia di operatrici e operatori in tutta Italia, svuotandolo del suo significato e favorendo precariato, inquadramenti anomali, sfruttamento e ricattabilità».