Aggredito da tre uomini "per errore": dopo le botte, l'abbraccio e le scuse

«La sera dell’ 8 novembre mio marito è stato vittima di un aggressione. Un aggressione da parte di 3 uomini che l’hanno atteso sotto casa. Quella sera alle 18:00 rientrai in casa dall’ospedale pediatrico di Trieste, con la nostra figlia maggiore di 9 anni. Mio marito mi attendeva in casa con la figlia più piccola. Fu una giornata molto pesante, così chiesi a mio marito di scendere in cortile a gettare la carta nel bidone. Nel frattempo, comunicai telefonicamente ai parenti lo stato di salute della bambina. Non abbiamo parenti nelle vicinanze e i miei suoceri, preoccupati, si misero in viaggio per darci una mano in vista di un eventuale ricovero della bimba. Pochi secondi dopo aver terminato le chiamate, sentii dei colpi alla porta di casa...aprii e mi trovai davanti mio marito bagnato fradicio, ansimante e molto scosso...diceva “È incredibile...non è possibile...” mi avvicinai per toccarlo e cercare di comprendere e mi disse di non toccarlo, perché aveva addosso dello spray urticante...mi disse che era stato aggredito, che erano in 3, che era riuscito a scansare un colpo che avevano tentato di dargli con un arnese e che invece di prenderlo in testa, l’avevano preso sulla schiena, aveva un dito gonfio dolorante, si levò la maglia e vidi un grosso segno rosso sulla parte alta della schiena verso la spalla». Lo sottolinea in un lungo post la signora Irene. «Quella sera - ancora -  pioveva e mio marito scese a buttare la carta con una felpa con il cappuccio, oltre ad avere la prontezza di scansare i colpi, comprese cosa cercassero quelle persone nel cortile di casa. Era chiaro cercassero qualcun altro...mio marito lo intuì, poiché non è la prima, ne la seconda, ma l’ennesima volta che qualcuno viene a bussare alla nostra porta o inoltra missive, alla ricerca di riscuotere crediti da un soggetto che non ha NULLA a che vedere con noi, se non la vicinanza di domicilio. Mio marito in quei momenti concitati ebbe la prontezza di levarsi il cappuccio, scoprendo il viso (a suo rischio e pericolo) e urlare che non era la persona che cercavano, lo urlò più volte prima che si fermassero, uno dei tre a quel punto abbracciò mio marito sussurrando delle scuse, gli disse frettolosamente che c’era stato un errore...che non cercavano lui e che avevano questioni sospese da regolare ma avevano scambiato persona». «Mio marito - riferisce-  corse in casa, dopo essersi ricomposto si recò dalle forze dell’ordine, erano più o meno le 18:50, le forze dell’ordine registrarono l’aggressione da parte di ignoti, mio marito non fu in grado di riconoscere gli aggressori poiché al buio, sotto la pioggia e con lo spray urticante in faccia, non aveva idea di chi fossero. Purtroppo durante le operazioni burocratiche svolte dalle forze dell’ordine si è consumato l’altra aggressione...i 3 uomini erano rimasti nel cortile di casa e al rientro della persona che attendevano hanno messo a segno l’aggressione per la quale erano venuti. Mio marito in quel momento era ancora con le forze dell’ordine. Le urla facevano paura! Le mie bambine hanno iniziato a tremare urlare e piangere, la primogenita che stava già male con febbre altissima ha iniziato a urlare e vomitare dalla paura, erano convinte ci fossero i ladri, perché era questo ciò che urlava l’aggredito nella scala. Ho atteso mio marito per ore». «Ore Interminabili - ancora. Dalle 18:50 ho visto rincasare mio marito alle 22:00 circa. Le bambine continuavano a chiedere di lui sospettando gli fosse accaduto qualcosa. Tentavo invano di rasserenarle. Chiamavo mio marito dicendogli che le bambine avevano bisogno della sua presenza, e di vederlo sano e salvo, ma diceva che in quel momento era utile svolgere delle questioni burocratiche e collaborare con le forze dell’ordine. I miei suoceri (72 e 70 anni) si sono messi in auto e dopo un viaggio di 250 km sono giunti da noi poco prima del rientro di mio marito. Così hanno potuto tenere le bambine nel frattempo che accompagnavo mio marito in pronto soccorso a medicarsi. Mia suocera è riuscita a far addormentare la piccola, ma la grande non era tranquilla, ci voleva a casa, stava molto male fisicamente ed emotivamente. Così alle 23:40 ho dovuto lasciare mio marito da solo al Cattinara a Trieste per rientrare da mia figlia». «Alle 03:00 - ancora - poi sono tornata a riprendere mio marito al Cattinara che alle 08:00 dell’indomani mattina è dovuto tornare dinuovo in ospedale per terminare gli accertamenti. Non è mia abitudine sbandierare gli affari miei sui social ma questa volta lo reputo doveroso. Ho aspettato anche troppo per pubblicare questo post. Mi sento di doverlo fare per correttezza verso tante persone. Perché la verità ha atteso fin troppo. Sono arrabbiata. Gli organi secondo me preposti a divulgare la verità su questo fatto e a spiegare bene l’accaduto erano ben altri...ma non hanno provveduto a farlo, come non hanno provveduto a mettere a tacere le buffonate che sono circolate finora e qualora l’avessero fatto non l’hanno fatto a mio parere in maniera corretta ed esaustiva. Come quando denunciai che qualcuno era allacciato abusivamente al mio contatore elettrico. Le forze dell’ordine non fecero altro che registrare la denuncia, ma nessuno fece mai nulla. Io non sono nata qui, sono nata in Sardegna. Mio marito è Veneto e vive e lavora in zona da 15 anni circa. Io Abito a Muggia da 7 anni». «Muggia - ancora-   l’abbiamo scelta. Le mie figlie hanno sempre vissuto a Muggia. Frequentano le scuole a Muggia, fanno sport a Muggia, fanno il carnevale a Muggia, io lascio la mia bimba di 6 anni correre e giocare con gli amichetti per le calli e la piazza di Muggia mentre con altre mamme mangiamo il gelato da Gimmy e sono tranquilla. A Muggia mi sono sempre sentita tranquilla. Mi capita di non chiudere l’auto! Mi capita di lasciare la porta aperta. Non mi è mai accaduto nulla. I vicini si sono presentati subito, i miei dirimpettai salutano con il sorriso, alcuni vicini hanno regalato ceste di albicocche alle mie bimbe, perché ne avevano in abbondanza nel loro giardino. Vengo al dunque...mi disturba passino messaggi secondo i quali viviamo in una specie di bronx nel quale ti spaccano la testa mentre rincasi , per un furto in appartamento. Io, e non solo io, non percepisco una Muggia pericolosa e mi dispiace passi questo messaggio. Mi dispiace sentire di persone impaurite che parlano di ladri violenti che quasi uccidono per entrare in casa». «Perche - conclude - pubblicizzare Muggia per quella che non è? Perché fomentare odio, paura e razzismo? A quale scopo? Mio marito non ama i social. Non ne fa parte. Non condivide la mia scelta di pubblicare questo post che riguarda soprattutto lui. Mio marito è diverso da me, lui crede nella giustizia e che le forze dell’ordine tutelino le vittime. Quel venerdì, dopo l’ennesima giornata di lavoro, dopo che paga le tasse, onora i debiti, e porta avanti la famiglia onorevolmente, è andato a buttare la carta nel nostro cortile e ha rischiato di restarci secco. Poteva andare peggio. Ma non perché Muggia non è sicura. Perché l’hanno scambiato per un’altra persona. E vogliate scusarmi se per privacy non pubblico le foto in pronto soccorso della schiena, del viso e del dito di mio marito per catturare like, solidarietà e per istigare all’odio verso qualcuno, non ne ho bisogno, a parlare chiaro ci sono: una denuncia, i referti e 7 giorni di prognosi. Vi pubblicherò però alcune chat di quel giorno. In modo che sia ben chiaro che le vittime di quel venerdì sera erano tante, ma NESSUNA di esse era vittima di un tentato furto. A MUGGIA NON CI SONO NE BALCANICI NE VENETI CHE PESTANO GENTE A CASO. Se qualcuno si sente leso, oltraggiato dal mio post venga pure, si faccia avanti, parli pure, io sono qui, c’è la mia faccia». IMMAGINE DI REPERTORIO