Politeama Rossetti, martedì e mercoledì Medea con Franco Branciaroli al Teatro Sloveno

Un omaggio a un illuminante Maestro del teatro italiano e internazionale come Luca Ronconi, una prova ardita e di notevole forza espressiva di Franco Branciaroli, la riproposta – preziosa per il pubblico – di uno spettacolo che è da considerarsi una pietra miliare nella storia del teatro recente, per innovazione e lucidità d’analisi oltre che per intensità artistica… Tutto questo è racchiuso in “Medea” e nella scelta di riproporre filologicamente questa regia di Luca Ronconi con lo stesso attore che ne fu il premiato protagonista a metà anni Novanta.

E tutto questo il Teatro Stabile regionale propone nello suggestivo spazio della Sala maggiore del Teatro Stabile Sloveno di Trieste, nell’ambito della collaborazione e dello scambio di titoli che da diverse stagioni ormai si rinnova fra i due enti.

Lo spettacolo va in scena per due serate, martedì 28 e mercoledì 29 novembre alle 20.30 nell’ambito del cartellone altri percorsi.

Scalzando ogni cliché Franco Branciaroli ha incarnato negli anni Novanta, e ora riprtende, il ruolo del titolo: un interprete maschile per la misteriosa eroina euripidea e fu immediatamente magnetico e inquietante. È affascinante rileggere le riflessioni che condussero il regista a questa scelta.

«Al di fuori di ogni cedimento a suggestioni introspettive totalmente estranee alla logica costruttiva delle dramatis personae della tragedia classica – asseriva Ronconi – Medea tende a presentarsi non tanto come una donna lacerata dall'amore o come una femminista ante litteram, quanto piuttosto come una 'minaccia', e per di più come una 'minaccia' che incombe imminente sul pubblico. Sin dalla prima lettura dell'opera risulta evidente che l'inganno è la principale arma della principessa barbara: ella non raggira soltanto Creonte, Giasone ed Egeo, ma cela i propri intenti anche al coro svelando solo all'ultimo il proprio segreto proposito di uccidere i figli avuti da Giasone. L'asse strutturale portante dell'architettura tragica - e cioè il rapporto tra coro ed eroe - è dunque inquinato sin dall'inizio da una perversa arte dissimulatoria: Medea riesce a guadagnarsi la complicità delle 'amiche' coreute occultando i propri reali progetti dietro le sue magniloquenti difese del sesso femminile. La scelta di un interprete maschile come Franco Branciaroli per il ruolo di Medea consente di tentare un'approssimazione all'oggettività della tragedia. Spostando il baricentro del dramma dal rapporto Medea-Giasone a quello Medea-coro e sottraendo parallelamente il testo alle interpretazioni 'psicologiche' e socialmente 'rivoluzionarie', Medea svela infatti la propria autentica identità di maschera impenetrabile, figura di un'irriducibile alterità pronta a pietrificare, come una nuova Medusa, chi cerchi di decifrare il suo segreto. Recuperando la prospettiva di Euripide, che sin dal titolo opta per il punto di vista della protagonista a scapito di quello del coro, l'ossimoro di una Medea-uomo traduce scenicamente l'ambiguo statuto del 'personaggio': il pubblico vede l'enigma nefasto che al coro è nascosto».

Scritta  el 431 a. C da Euripide, la tragedia vuole che Medea, principessa della Colchide e dotata di un sinistro potere magico, per amore di Giasone lo aiuti a sottrarre il vello d’oro e lo segua lontano dalla propria patria, dandogli due figli.

Conclusa la spedizione degli Argonauti, però, Giasone rientra nei canoni della sua vita normale e vuole sposare la nobile Creusa. Medea è d’intralcio a tali progetti e viene dunque ripudiata da Giasone senza pietà. Le si intima di lasciare immediatamente Corinto e di affidare al padre i bambini avuti da Giasone. La sua ira è incontenibile: finge di accettare il crudele destino e invece uccide i propri stessi figli per vendetta, e prima di loro anche Creusa, la rivale in amore, cui dona una tunica avvelenata.

Testimoni di tutta la tragedia sono le donne di corinto, il coro che costantemente commenta i fatti e dialoga con la protagonista.

«(…)Nel lavoro quotidiano di Ronconi – ricorda Daniele Salvo – il testo veniva ribaltato, rigirato, consumato, divorato, masticato e rigettato, per poi ritornare alla sua essenza. E Luca non si fermava mai. La sua era una ricerca incessante. Ogni giorno cambiava continuamente accentazioni, ritmi ed intenzioni. Dal primo giorno di prove sino alla prova generale. Il risultato finale era il frutto di queste migliaia e migliaia di variazioni quotidiane, una sorta di puzzle, di grande affresco linguistico in cui venivano esperite tutte le possibilità del testo. E il linguaggio diventava poi spazio, macchina testuale visiva. Come in questa straordinaria “Medea” (…)

Questo spettacolo fu allestito vent’anni fa ma pare davvero che tratti di temi odierni. Nel suo lavoro Luca parlava molto spesso del tempo e della sua percezione relativa e soggettiva. Sognava uno spettacolo infinito, dalla durata infinita e il suo rapporto con il tempo e la finitezza umana era complesso e quotidiano. Diciamo pure che quest’uomo dialogava assiduamente con la quarta dimensione e che la morte, così presente nel suo teatro e nella sua vita, diveniva oggetto di studio e di sfida quotidiana. Il suo pensiero era proiettato in avanti. Era uno scienziato del linguaggio, uno degli ultimi sognatori. E si faceva beffe dei cliché, dei pensieri precostituiti, delle profonde convinzioni assodate e certificate. Preferiva perseguire l’utopia, sfidare il tempo e lo spazio, percorrere sentieri inesplorati. Il teatro non era una semplice passione o un amore. Coincideva esattamente con la sua vita e ne modificava la quotidianità. Luca era un uomo del futuro. Un esploratore dell’ignoto. E ogni giorno ci manca immensamente».

“Medea” di Euripide  va in scena nella traduzione di Umberto Albini e nella regia di Luca Ronconi ripresa da Daniele Salvo. Le scene sono di Francesco Calcagnini riprese da Antonella Conte, i costumi di Jacques Reynaud sono stati ripresi da Gianluca Sbicca e le luci di Sergio Rossi da Cesare Agoni.

Franco Branciaroli è Medea, e accanto a lui recitano Alfonso Veneroso (Giasone), Antonio Zanoletti (Creonte), Tommaso Cardarelli (Pedagogo/Nunzio), Livio Remuzzi (Egeo). Le Donne di Corinto sono interpretate da Elena Polic Greco, Elisabetta Scarano, Serena Mattace Raso, Arianna Di Stefano, Francesca Mària, Odette Piscitelli, Alessandra Salamida. Raffaele Bisegna e Matteo Bisegna interpretano i figli di Medea.

Lo spettacolo è una produzione del Centro Teatrale Bresciano con il Teatro degli Incamminati e con il Piccolo Teatro di Milano.

“Medea” va in scena per il cartellone altripercorsi del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia al Teatro Stabile Sloveno di via Petronio 4: debutta martedì 28 novembre alle ore 20.30, replica alla stessa ora mercoledì 29 novembre.

I biglietti per lo spettacolo sono ancora disponibili presso tutti i punti vendita del Teatro Stabile regionale e naturalmente anche attraverso il sito www.ilrossetti.it. Si possono acquistare anche alla Biglietteria del Teatro Sloveno fino all’inizio dello spettacolo. Attraverso gli stessi canali si possono acquistare ancora molte tipologie di abbonamento alla Stagione del Teatro Stabile che proseguirà il 30 novembre con il concerto di Massimo Ranieri e il 6 dicembre con “Il nome della rosa” di Umberto Eco per la regia di Leo Moscato.