Una giovane triestina: «Persone non-binary, una lettura di approfondimento»

Intervento di una nostra lettrice

Nei tempi più recenti della mia vita ho realizzato che possibilmente esiste una comunità che sta ancora un gradino più a fondo nelle nebbie della mistificazione e dell'invisibilità rispetto a quella trans: quella delle persone non-binary (per quanto queste due siano congiunte ma non sovrapposte né legate intrinsecamente).

Come le altre collettività del mondo queer, anche quella non binaria soffre del pregiudizio stereotipico evocativo (es: bisessuale=promiscu*, trans=travestit*/prostituta, ecc). Questo fenomeno si basa sulla perpetrazione di alcuni dati sommari, alcuni incorretti, alcuni veritieri ma spesso in seguito distorti durante il processo, come verità univoca.

Ecco perciò che cosa *non* o *non necessariamente* significa essere non-binary:

Essere non-binary *non* è sinonimo di essere gender non-conforming. Esprimersi in modo non conforme agli stereotipi associati al genere con cui siamo identificati dalla società non significa per forza discostarsene a livello identitario, così come una persona che non sente di appartenere al genere che le viene socialmente attribuito può risultarvi stereotipicamente conforme in tutto e per tutto.

Essere non-binary *non* è sinonimo di "terzo sesso", né di "androginia", né di "via di mezzo". La collettività non binaria è possibilmente la più variegata, perché oltre che un gruppo identitario (come possono esserlo altre rappresentanze all'interno della sigla LGBTI+) è una dimensione polivalente e un movimento trasversale e dissociato dalla riconduzione e alla decodificazione dell'identità umana per mezzo di una polarizzazione maschio/femmina. Come tale, racchiude allo stesso modo persone che hanno un'identità compresa in uno spettro tra il "femminile" e il "maschile" e che *possibilmente* così vengono percepite sempre secondo gli stessi stereotipi (aspetto, stile, atteggiamento, gusti...) e persone che sono e/o appaiono tutto fuorché "androgine" o "neutre".
Ma, ancora più importante, racchiude allo stesso tempo persone per le quali l'appartenenza di genere è fondamenta della propria identità e persone che sono non binarie proprio perché per loro non lo è affatto (e possibilmente ne soffrono l'imposizione da parte esterna).

Essere non-binary *non* è sinonimo di essere "confusi" o "ribelli". Una persona può abbracciare il concetto di non binarismo anche solo in fase di autoscoperta (questioning) per poi trovare la propria identità in una concezione binaria e questo non rende né la persona stessa né la collettività non binaria meno valide o credibili (similmente a come può accadere con l'orientamento sessuale attraverso etero/bi/omosessualità). Esattamente come è certo e oserei dire ovvio che la progressiva liberazione femminile abbia avuto un ruolo per molte persone AFAB nell'avvicinarsi e rispecchiarsi nella comunità non-binary, e se una di esse dovesse riconsiderare la propria identità in base a delle interiorizzazioni negative e ad insofferenza questo non renderebbe meno valida o credibile né la comunità né la persona stessa.

Che cosa significa per me, allora, essere non binaria?
Per me non è una questione di consapevolezza. La consapevolezza che la mia persona prescinde e trascende una realtà fatta di generi e di appartenenze identitarie mutevoli e di non potermi descrivere attraverso questi filtri senza distorcere e limitare me stessa.
Significa essere libera e autentica nei confronti di me stessa, e significa rispettare le altre persone osservandole senza pregiudizi.

La mia esistenza all'interno del mondo non binario non basta da sola a descrivere la mia singola identità, similmente per l'appunto a come nessuna idea di "genere" mi appare descrittiva della mia persona, ma rappresenta piuttosto il mio modo di essere e di percepire il mondo e le persone.
Rappresenta qualcosa in cui credo e che vivo con passione, ed è in questo modo che ne faccio per me una bandiera.

NICOLE T.