Un pesce su cinque del Mar Adriatico ha ingerito microplastiche

Dalle indagini emerge che la stragrande maggioranza dei rifiuti arriva da terra e dalle attività legate alla navigazione (diporto, trasporto commerciale e turistico), che tutti i pescatori pescano rifiuti, per la maggior parte di plastica, e almeno il 20% dei pesci ha ingerito microplastiche. Il Mediterraneo è una delle aree con la maggiore presenza di microplastiche a livello mondiale. Più del 70% dei rifiuti analizzati è in plastica, soprattutto monouso, come sacchetti e bottiglie. Circa il 50% di tale materiale è costituito da imballaggi, sia in plastica che in alluminio (lattine per bibite, quindi anche queste monouso). Ci sono poi ingenti quantità di retine utilizzate per la mitilicoltura, rifiuti legati alla pesca commerciale (pezzi di rete e strutture in gomma utilizzate per proteggere la parte di rete a contatto con il fondo) e oggetti connessi alla piccola pesca (reti da posta, nasse e trappole). Quanto alle specie ittiche destinate al consumo umano (in particolare acciuga, nasello, sardina, sogliola, sugarello, triglia di fango), le indagini ecotossicologiche hanno valutato lo stato di salute delle specie selezionate, i possibili effetti causati dall’ingestione della plastica, l’accumulo dei principali contaminanti chimici di sintesi presenti nelle microplastiche nella parte edibile del pesce e le possibili conseguenze per la salute umana: nella media 2 pesci su 10 avevano tracce di plastica nei tratti gastro-intestinali (sia rifiuti plastici in generale che microplastiche).