«Siamo pieni di razzismo, fascisti nostrani codardi»

Pubblichiamo da Associazione Immigrati di Pordenone - Rete Solidale Pordenone

Era scontato: la precaria situazione economica e la propaganda nazionalista e suprematista, che da anni ormai avvelena l'informazione e i media, alimentano nuovi razzismi e ne risvegliano di antichi, come quello, atavico nelle nostre zone, contro i "sigagni", gli zingari, espressione dell'ostilità delle popolazioni stanziali contro i nomadi. E così una pizzeria di Via Caboto, gestita da migranti, è stata imbrattata da una scritta a caratteri cubitali "Muori zingaro". La spiegazione di questa azione di qualche nipotino del duce è molto semplice. Storicamente, nei periodi di crisi economica, la rabbia e l'odio delle classi subalterne hanno due sbocchi: quello rivoluzionario, quando il popolo se la prende con chi si arricchisce alle sue spalle e sfrutta il suo lavoro, oppure uno sbocco reazionario che, complice l'ignoranza degli sfruttati e la propaganda dei potenti, trova un capro espiatorio in qualcuno che sta peggio, ma è diverso da te. In una stagione come questa, nella quale la cultura e la storia vengono ogni giorno vilipese, è chiaro che lo sbocco non può essere che quello reazionario. Poi il fatto è accaduto in una città come Pordenone dove sono le istituzioni ad accanirsi contro gli ultimi, i poveri, i senzatetto, i profughi, i richiedenti asilo, dilapidando risorse che vanno a creare i problemi invece di risolverli. Che fare? Al di là della solidarietà, senza se e senza ma, che va data alle vittime di questa odiosa azione squadrista, tipica della codardia del fascisti nostrani, l'imperativo è uno solo: ORGANIZZAZIONE. E' tempo che tutti coloro che si ritrovano nelle parole d'ordine di lotta allo sfruttamento, solidarietà, antifascismo e antirazzismo, escano allo scoperto e si facciano sentire. Nei nostro siti mettiamo sempre le date dei ns appuntamenti che sono aperti a tutti. E sabato 26 a Udine, in piazza 1° maggio, dobbiamo essere in tanti a dire NO al razzismo e alle politiche di esclusione messe in atto dalle istituzioni regionali e nazionali.