Narodni Dom, Polidori: «Presenza di un Presidente sloveno alla Foiba è l’elemento trainante»

Pubblichiamo dal vice-sindaco Paolo Polidori

In ossequio ai principî fondanti della Lega, che consistono nella ricerca della pacifica convivenza tra i popoli, nel rispetto delle loro identità e tradizioni, si inseriscono i dibattiti e le critiche, sia dall’Italia che dalla Slovenia, relativamente al trasferimento dell’ex Hotel Balkan, ovvero del Narodni Dom, da parte dello Stato Italiano, alle associazioni slovene, dove tende sempre più a prevalere il significato del cerimoniale, laddove i relativi Capi di Stato Mattarella e Pahor, renderanno omaggio rispettivamente alla Foiba di Basovizza, ed al cippo dei fucilati del Tigr.
 
Vorrei dapprima entrare nella questione simbolica, prima di giungere alle conclusioni di valenza storica della vicenda, perché anch’essa tende ad assumere connotati importanti ed imprescindibili.
 
Per brevità non mi dilungherò sulle cause della cessione del Narodni, della cui narrazione storica sulla più o meno presunta ferocia fascista ci sono molte perplessità, ma dove si sa che la narrazione stessa è sempre monopolio di chi vince; ma tant’è, il significato precipuo è e deve essere essenzialmente la riconciliazione, ancorché ancora non ci fosse, tra le comunità italiane e slovene, che nell’Impero Asburgico, lungimirante e compatibilmente con i tempi, federalista, aveva registrato la secolare pacifica convivenza tra le popolazioni della Venezia Giulia, fin quando gli opposti nazionalismi di fine ‘800 non cominciarono a minarne le fondamenta, portando poi a due devastanti guerre mondiali ed alle mai troppo note tragedie delle nostre terre.
 
Non è quindi tanto importante il fatto che l’edificio venga in sostanza pagato due volte dall’Italia (la prima lo è stata con il teatro sloveno), ma il meno venale e ben più alto significato simbolico della riconciliazione; ed in tale contesto, la presenza di un Presidente sloveno alla Foiba di Basovizza è l’elemento trainante, dirimente e caratterizzante l’intera storica giornata, è un tributo di giustizia alle tante morti, alle deportazioni, all’Esodo degli Istriani, finalmente riconosciuto dallo Stato che ha raccolto ed ora asperso l’eredità della Jugoslavia di Tito. Vale la pena quindi in questo contesto il trasferimento del Narodni Dom alle comunità slovene? Io ne sono convinto, la Lega ne è convinta, nel rispetto reciproco di due comunità che ritornano a tutti gli effetti alla civiltà di asburgica e secolare memoria.
 
Va però evidenziata nell’intera vicenda, una nota stonata: il passaggio ai fucilati del Tigr: rendere omaggio a chi si macchiò di efferati crimini, dall’omicidio di persone innocenti (compresi sloveni), agli attentati con le bombe, agli incendi di asili, con lo scopo di togliere la Venezia Giulia all’Italia per farla entrare nei confini dell’allora Regno dei Serbi, Sloveni e Croati, ebbene, questo è un maldestro inciampo delle diplomazie, ottenuto come bilanciamento alle difficoltà interne e nazionaliste di Pahor, ma da relegare e derubricare a semplice cortesia istituzionale, come ben dice il Presidente del FVG Fedriga.
Poco male: la memoria del 13 luglio sarà e resterà comunque solo per l’omaggio storico di un Presidente sloveno alla Foiba di Basovizza, in aggiunta, mi si permetta, a quella del 12 giugno, diventata da quest’anno solenne festività cittadina, per celebrare la liberazione di Trieste dall’occupazione jugoslava del ‘45.