(EDITORIALE) Ecco perché voteremo NO

Domenica 20 e lunedì 21 settembre gli italiani saranno chiamati alle urne per il referendum che, come noto, verterà sulla riduzione dei parlamentari. 
 
Un voto particolarmente delicato in cui giova ricordare che, trattandosi di tornata elettorale costituzionale, l’esito positivo andrà quindi a modificare la nostra Costituzione, apprezzata da più parti anche all’estero, e non da pochi invidiata (e di questo dovremmo sempre esserne grati ai nostri Padri Costituenti, una lettura di essa di tanto in tanto non guasterebbe). 
 
Proprio perché trattasi di voto Costituzionale, non ci sarà alcuna soglia di sbarramento minimo per rendere valido il voto. Ribadiamo, a prescindere dal numero di votanti.
 
C’è un gran dibattere tra i supporters del “Si”, con proclami e slogan che puntano più alla “pancia” delle persone che alla visione d’insieme. 
 
Essere per il “No” infatti non significa essere parte della “casta”, come più volte dichiarato nei pochi ragionamenti portati avanti dal “Sì”, quanto piuttosto avere una mente lungimirante, un modo di vedere oltre il proprio naso. 
 
A malincuore se ci fosse una vittoria del si, la rappresentanza diminuirebbe drasticamente (soprattutto nelle regioni piccole come il FVG) a fronte di un risparmio per ciascuno di noi che si attesta attorno ad un caffè. 
 
Un gioco che assolutamente non vale la candela sopratutto nel momento in cui sarebbe stato utile intervenire prima sull’amministrazione pubblica, con una sforbiciata burocratica (compresi gli stipendi).
 
Se bisogna quindi “tagliare” e far quadrare i conti, dimezziamo stipendi e dirigenze, ma non la rappresentanza: infatti una diversa distribuzione delle risorse e l’aumento persino di una certa percentuale dei parlamentari non porterebbe a sprechi, ma a costi non inferiori ad oggi, con una rappresentanza ancora maggiore. 
 
Solo una volta concluso il referendum, ed andati successivamente a votare per il rinnovo del Parlamento, più di qualcuno forse si renderà conto che ci sarà un potere maggiore delle segreterie di partito e un minor potere di appello da parte dei cittadini nei confronti delle decisioni assunte da parte del Governo e della maggioranza stessa.
 
A quel punto non si tornerà indietro.
 
Si mediti bene quindi prima di barrare la casella dei SI, è in gioco il futuro della rappresentanza democratica in Italia, e con essa, tutta la politica.
 
GLI EDITORI DI TRIESTE CAFE