Fondazione CRTrieste, a Umberto Veruda la 19a monografia della Collana d'Arte della Fondazione

Pittore eccentrico e stravagante, sia nei modi sia nell’abbigliamento, Umberto Veruda si impose con audacia sulla scena triestina e nazionale negli ultimi decenni del XIX secolo. Nato a Trieste il 6 giugno 1868 è considerato uno dei più importanti pittori triestini dell'800 anche se il suo successo è stato riconosciuto solo dopo la morte avvenuta il 29 agosto del 1904, a soli trentasei anni.

Il volume che la Fondazione CRTrieste ha scelto di dedicargli, curato da Claudia Crosera, funzionario storico dell’arte della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia, raccoglie e organizza in modo critico il cospicuo materiale iconografico e documentario, a volte inedito, relativo al pittore. Il prezioso e meticoloso lavoro di ricerca dell'autrice offre un'immagine a 360 gradi dell'artista, delle sue opere e della sua vita, caratterizzata da stravaganze, viaggi, nuovi tecnicismi e un'intensa vita culturale.

I dipinti di Veruda attestano una significativa capacità di sintesi e di presa diretta sulla realtà. Coltiva la preferenza per il ritratto e le scene di genere. La sua pittura, densa di vibrazioni luministiche, presenta incisivi contrasti cromatici che ben si adattano alla semplicità dei soggetti. Al fine di contribuire alla diffusione della conoscenza di questo importante artista triestino, la Fondazione ha voluto dedicargli il presente volume con l’auspicio che possa essere uno strumento di lavoro per gli studiosi e un utile contributo per gli appassionati del settore.

L’elemento più significativo e innovativo dell’arte di Umberto Veruda è sicuramente la continua sperimentazione sulle potenzialità della luce: lo avevano colto i pittori a lui contemporanei e lo aveva sottolineato anche che nel 1922 Francesco Sapori che lo definisce “un indagatore instancabile, una specie di Diogene della luce, che fa fiorir le tele di candide spume leggiere, e attraverso episodi di vita semplice, intima, triste – alcuni dei quali gli dettero fama – va incontro ad una maturità, ad una stabilità che non gli sarà concesso di raggiungere mai. La pittura di Veruda è infatti letta come poesia della luce: e sarà Manlio Malabotta nel 1929 a sottolinearne le coraggiose scelte stilistiche: “anteporre il colore al disegno, uscire all’aperto e inebriarsi di luce, lasciarsi trasportare dai propri sensi e far rivivere sulle tele la natura”: questi gli elementi che hanno fatto di Veruda un artista rivoluzionario che, a parere del critico, aveva colto le novità del dominante gusto impressionista, che in Europa dominava già da molto tempo, ma a Trieste non era ancora arrivato.

La formazione di Veruda, a Trieste, inizia alla Scuola Reale Superiore all’Acquedotto, tra 1879- 1884. Alla fine del suo percorso scolastico cittadino si reca all’Accademia di Monaco tra 1884 e 1886, la meta formativa più ambita dai giovani artisti degli anni ‘80 come Isidoro Grünhut, Arturo Rietti, lo scultore Vittorio Güttner, Carlo Wostry e infine Giovanni Zangrando.

Dopo gli studi a Monaco, accusato dalla critica di non saper disegnare, per Veruda è la volta di Parigi per un soggiorno formativo finalizzato a perfezionare proprio il disegno. Qui Veruda si iscrive all’Académie Julian, un’istituzione scolastica modernissima, privata, dedicata alla formazione accademica. I soggiorni parigini di Veruda – a Parigi tornò più volte negli anni successivi - permisero al pittore di immergersi in un ambiente saturo di modernità. Così accanto alle opere di Renoir, Degas e Corot, Jacques Emile Blanche, Veruda poté ammirare anche opere degli artisti italiani come Giuseppe De Nittis, Giovanni Boldini, Pietro Fragiacomo e Federico Zandomeneghi e l'amico di sempre Carlo Wostry.

Dopo Parigi ritornò a Trieste e iniziò a esporre le sue tele nelle botteghe antiquarie di Vendelino e Giuseppe Schollian, vetrine irrinunciabili per gli artisti che cercavano di trovare una posizione nel mercato artistico locale. Nel 1888 partecipò con una Scena araba al primo concorso della “Fondazione Carlo Barone de Rittmeyer”, che gli avrebbe garantito, grazie a un cospicuo stipendio annuo di 600 fiorini, un biennio a Roma, e un terzo anno di sussidio, da trascorrere in una capitale europea a scelta. Ma vinse Carlo Wostry, anche se i lavori meritevoli di Isidoro Grünhut e Umberto Veruda vennero premiati con una sottoscrizione in denaro, a favore dei due giovani, a titolo di incoraggiamento. Veruda vincerà il premio l’anno seguente, nel 1889, con la grande tela intitolata Miserere e iniziò così la sua avventura a Roma.

L’aria moderna che si respirava a Roma, centro culturale più importante di tutta la penisola, era congeniale a Veruda dove potè concorrere, nell’ultimo decennio del secolo, al Pensionato Artistico Nazionale ed esporre le sue opere alle mostre di arte contemporanea organizzate al Palazzo delle Esposizioni di via Nazionale.A soli ventidue anni partecipa all’Esposizione di Belle Arti del maggio 1890 e con la tela intitolata Sii onesta!, ottenne la medaglia d’argento: la tela venne  subito acquistata dallo Stato per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, riconoscimento che gli permise di farsi conoscere e apprezzare anche lontano da Trieste.

Altre mete che costellano la vita dell’artista sono Vienna e Londra. A Vienna si reca nel 1896 e dove, grazie al sostegno di un importante mecenate, probabilmente proprio l’architetto Alexander Hummel, ha modo di realizzare ritratti ufficiali di esponenti dell’alta società viennese e del famoso attore teatrale Sonnenthal. A Londra invece ricevette l'incarico più prestigioso di sempre: dopo aver conoscoito a Parigi i duchi di Marlborough, Consuelo Vanderbilt e Charles Richard John Spencer Churchill venne convocato da questi ultimi, nel maggio 1903, nella loro dimora di Blenheim per realizzare i ritratti di tutti i componenti della famiglia.

Un'amicizia lunga e indissolubile lo legava a Italo Svevo, con cui Veruda trascorreva la maggior parte del suo tempo quando si trovava a Trieste. Si dice “C’era fra loro un’analogia di destino: ambedue si sentivano incompresi dall’ambiente, impregnato di quietismo provinciale. Ambedue andavano contro corrente ed erano oppressi da una profonda melanconia”. E fu proprio a casa di Svevo e della moglie Livia Veneziani, fucina di intensi scambi culturali, che Veruda ebbe modo di conoscere molti dei suoi committenti, tra medici, avvocati e critici musicali e di ideare le opere commissionate dalla famiglia Svevo, tra cui il Ritratto di Italo Svevo con la sorella Ortensia, il cosiddetto Incontro galante, L’Uccellino morto in cui è raffigurato nipote di Svevo Aurelio Finzi; Angolo di stanza con gatto, il ritratto del cognato, l’eccentrico Bruno Veneziani e due Ritratti di Livia Veneziani Svevo.

La morte di Veruda, avvenne improvvisamente e a solo un anno dopo la scomparsa anche della madre. Il padre, Alessandro Veruda rimasto solo, venne accudito fino alla fine dei suoi giorni da Italo Svevo a cui andarono in eredità un numero cospicuo di opere di Umberto Veruda, parte delle quali si conservano presso gli eredi della Collezione Svevo.

Il volume si innesta sul filone avviato e sperimentato delle monografie della Collana d'Arte della Fondazione CRTrieste, ideale continuazione di quella edita dalla Cassa di Risparmio; una serie di prestigiosi volumi, curati dal 2006 da Giuseppe Pavanello, che danno voce a quella generazione di artisti dallo straordinario talento che si è formata e ha lasciato un segno nella Trieste tra Otto e Novecento e che testimonia la vivacità artistica di un periodo peculiare nella storia culturale cittadina, offrendo così agli studiosi un importante strumento di approfondimento e agli appassionati del settore un significativo contributo.

LA PROSSIMA MONOGRAFIA: RUGGERO ROVAN

La ventesima monografia della Collana d'Arte della Fondazione CRTrieste è già in cantiere. Sarà dedicata a Ruggero Rovan, scultore triestino nato nel 1877. La ricerca è stata affidata alla storica dell'arte Barbara Coslovich. Rovan si formò alla Scuola industriale di Trieste, proseguendo poi gli studi all'Accademia di Monaco (1900) e tre anni dopo, grazie ad una borsa di studio vinta con la scultura "In sè", proseguì gli la formazione all'Accademia libera di via Ripetta a Roma. Durante la Prima Guerra Mondiale insegnò ed espose a Trieste, mentre dal 1935 al 1947 lavorò a Roma, anche per la produzione cinematografica. Morì a Trieste 1965.

In un'ottica di valorizzazione del patrimonio artistico riconducibile a Trieste, la Fondazione CRTrieste invita collezionisti pubblici e privati, a segnalare opere e documenti di questo artista che saranno fotografati e studiati per il volume in preparazione, contattando  l'ufficio Attività istituzionale della Fondazione CRTrieste allo 040 3478656.