Attacco di Debora Serracchiani: «Destra crea crisi su ferriera e tarocca storia»

"Fedriga ha mandato un suo emissario a raccontare al Consiglio comunale di Trieste la storia taroccata della Ferriera e del porto. Rivendico di aver lavorato nel solo interesse di Trieste e del territorio, sulla Ferriera e anche sul porto, su cui oggi a destra fanno gli smemorati e ci mettono il cappello". Lo afferma la deputata Debora Serracchiani, già presidente del Friuli Venezia Giulia, in merito alle dichiarazioni dell'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro, oggi in audizione al Consiglio comunale di Trieste in merito alla chiusura dello stabilimento siderurgico della Ferriera di Servola, del Gruppo Arvedi.

"La ristrutturazione della Ferriera, salvando lavoro, produzione e salute, è stata una sfida lungimirante - spiega Serracchiani - perché ha permesso di fare interventi enormi sull'area, di bonifica e infrastrutturali, con investimenti che altrimenti non sarebbero mai arrivati: ora avremmo in città un'area abbandonata, una bomba ambientale, non l'opportunità di riconversione che ci può essere. Chi non lo riconosce falsifica la realtà".

"E chi meschinamente cita Renzi come mio compagno di partito - continua la parlamentare - dovrebbe avere il coraggio di ricordare anche Delrio e Franceschini: altri miei compagni di partito grazie ai quali la Lega e i suoi sottopancia possono oggi riempirsi la bocca con le potenzialità del porto. Mentre io cercavo il management migliore per il porto, la destra tentava di ripiazzare Marina Monassi".

Per Serracchiani “la destra ha spinto verso la chiusura senza alcun piano alternativo e senza idee, solo per fare presto e appuntarsi una medaglietta a fini esclusivamente elettorali. Hanno aperto una crisi industriale al buio e adesso devono venirne fuori ma non sanno come: tutto questo l’assessore lo ha confermato, sia pur facendo fumo. Dato che non ostano ragioni ambientali, se la continuazione dell'attività a caldo non può procedere, vanno spiegate le ragioni”.

“Fatto il danno, ora servono proposte concrete non chiacchiere. Come fu già nel 2014 – indica l'esponente dem - la strada può essere quella di un accordo quadro che replichi quello di Piombino, con la parallela ricerca delle condizioni per altri investimenti da parte dell’imprenditore. Già nel recente passato si era pensato, ad esempio, alla creazione di reparti zincatura e preverniciatura, che impieghino operai oggi spinti a forza verso gli ammortizzatori sociali. L'accordo, in prosecuzione di quello precedente, dovrebbe contenere il tema del risanamento ambientale, completando quanto oggi a carico Invitalia. Come in precedenza – conclude - va coinvolta l’Autorità portuale, per competenza sulle areee e anche per favorire il reimpiego di una parte degli operai nelle attività di logistica e portuali”.