DoubleRoom, da venerdì "Camminare l'orizzonte. Chiralità": progetto a cura di Ermanno Cristini

7 aprile > 26 maggio 2017 DoubleRoom arti visive, via Canova 9, Trieste

CAMMINARE L’ORIZZONTE chiralità

Elena Bellantoni, Ermanno Cristini, Silvia Hell e Elisa Vladilo

a cura di Ermanno Cristini

testo di Antonio Piroddi

opening venerdì 7 aprile ore 18

Venerdì 7 aprile alle ore 18, al DoubleRoom arti visive di Trieste, inaugura "Camminare l'orizzonte. Chiralità", un progetto a cura di Ermanno Cristini che presenta 4 interventi site-specific pensati per lo spazio triestino. Partendo dal concetto della chiralità, e cioè la proprietà di un'immagine di non essere sovrapponibile alla sua immagine speculare, come avviene nel caso delle mani, si articola una mostra che mette in dialogo un giovane filosofo, Antonio Piroddi, con le opere di Elena Bellantoni, Ermanno Cristini, Silvia Hell ed Elisa Vladilo. Un'esposizione doppia come la definisce lo stesso Cristini: "La mostra è costruita come un doppio specchiato: quattro artisti con due opere a testa, o con un’opera doppia, in modo che la seconda sia il doppio sfasato della prima. Il testo di un giovane filosofo attraversa il tutto."

"Camminare l’orizzonte: l’articolo determinativo indica uno stare “dentro”, e non “su”. Poiché l’orizzonte è per definizione un altrove, che sfugge continuamente allo sguardo, Camminare l’orizzonte è uno stare dentro l’altrove, con quella continuità che è suggerita dall’idea stessa di linea. Forse è lungo quella linea che si perdono sia lo sguardo del viandante di Friedrich che la rotta della barca di Jan Bas Ader perché se l’orizzonte non ha luogo il viaggio che esso chiama è un viaggio senza scopo, quel viaggio che si realizza nel viandare e che ha il naufragio come presupposto.

In questa mostra il naufragio sta entro il doppio sfasato dello spazio di DoubleRoom: due ambienti riflessi, quasi simili ma attraversati da una variazione dimensionale, come un caso di chiralità. La chiralità è un paradosso, un dato speculare non sovrapponibile a se stesso, che articola e problematizza l’immagine alimentandosi dello spazio “tra”. Come un “colpo di reni”, essa asseconda il desiderio di sollevarsi in punta di piedi per osservare, con gli occhi chiusi, i tratti di una visione possibile e forse il disegno di un’utopia necessaria, appunto un orizzonte.

La mostra è costruita come un doppio specchiato: quattro artisti con due opere a testa, o con un’opera doppia, in modo che la seconda sia il doppio sfasato della prima. Il testo di un giovane filosofo attraversa il tutto."