Dirty Dancing il musical che celebra i 30 del film al Teatro Rossetti

Al 30 anno dall'uscita del celebre film vincitore del Golden Globe e dell'Oscar per il brano The Time of My Life, il musical Dirty Dancing celebra il mito di Baby e Johhny. La trasposizione del regista Federico Bellone è fedele all'originale pellicola nella rappresentazione dei "balli proibiti", dando una connotazione sensuale e appassionata, che non scade mai nella volgarità; le scenografie invece rappresentano l'atmosfera tipica degli anni '60 nelle luci, costumi e acconciature.

La scrittura dei testi curata da Eleanor Bergstein, punta diretta alla realtà della storia raccontata come nella versione cinematografica e alla musica che fluisce da un giradischi, da un pianoforte nella sala da ballo dell'hotel, da una radio accesa.

Le coreografie curate da Gillian Bruce riprendono quel sapore proibito, ma coinvolgono un numero troppo esiguo di ballerini. Nota carente il ritmo nei dialoghi, a volte troppo costruiti e carichi di pause, che hanno raffreddato il pubblico in alcuni momenti.

Oltre la romantica storia d'amore tra Baby ( Sara Santostasi)  e Johnny ( Giuseppe Verzicco) emerge il passaggio all'età adulta della ragazza, ma soprattutto il passaggio di un'epoca, dai valori rigidi alla libertà, ottenuta attraverso anni di lotte per l'affermazione dei diritti sociali degli afroamericani e della donna.

Baby non è solamente una ragazza ricca che si innamora del tipico ragazzo affascinante di turno, è una donna moderna che crede nel cambiamento e nella lotta per ottenerlo, d'altronde "Nessuno può mettere Baby in un angolo".

Nostalgia e voglia di affermazione traspaiono nel finale indimenticabile di "The Time of My LIfe", con un finale carico di ritmo compresa la scena del volo di Baby nelle braccia di Johnny, che porta con sè l'importante messaggio di essere quello che ci si sente di essere, solamente così si può vivere il momento più bello.

 

Martina Trombetta