Museo Winckelmann, presentato il restaurato cratere apulo a figure rosse

Oggi al  Civico Museo d’Antichità “J.J. Winckelmann”di piazza della Cattedrale 1, alla presenza dell'assessore comunale alla Cultura Giorgio Rossi e della  Presidente dell'Inner Wheel Club Trieste Distretto 206, Silvia Kesereu, è stato presentato il restaurato cratere apulo a volute con attore del 375-350 a.C., uno dei più bei vasi della civica Collezione greca (vedi www.museoantichitawinckelmann.it).

Il cratere apulo (un grande vaso, che veniva posto al centro del banchetto, da cui attingere il vino) troverà immediato posto nella sala dedicata alla ceramica proveniente dalla antica Puglia appartenne alla prestigiosa collezione di Carlo d’Ottavio Fontana, ereditata dalla figlia Giuseppina, sposa di Pietro Sartorio, e ampliata dal figlio di lei Giuseppe Sartorio. In passato era stato restaurato in modo piuttosto approssimativo tanto da non poter essere esposto senza un nuovo intervento che ora l’Inner Wheel ha contribuito a finanziare ad opera delle esperte mani della ditta di restauro di Emanuela Querini, e seguite dai tecnici della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del FVG.

Alto 67 centimetri, il vaso presenta due alte anse figurate a collo di cigno terminanti in due volute decorate a rilievo dal volto della Gorgone, visto frontalmente. Sul lato principale del ventre del cratere apulo, le immagini esaltano la figura del proprietario eroicizzato all’interno dell’edicola a tempietto. Si tratta di un attore come si intuisce dal bastone e dalla maschera che tiene in mano, probabilmente di soggetto femminile. Una lira è sospesa in alto. Intorno: tre uomini e una donna fanno offerte di armi, scrigni, patere e bende. Altri personaggi offerenti animano la scena sul lato posteriore rivolti a una colonna sormontata da una coppa, il monumento funerario. Sui vasi greci non sono molti i soggetti legati al mondo teatrale che oltre alla figura dei singoli attori, possono mostrare scene dai testi più famosi e rappresentati, preziosa testimonianza dei favori del pubblico antico. Inseribile nel periodo detto apulo Medio, 375-350 a.C., viene attribuito al Pittore di Lecce 3544 (i nomi dei pittori sono convenzionali e si legano al soggetto o al vaso eponimo, il primo sul quale sono state ritrovate le caratteristiche di una mano particolare), uno dei seguaci del Pittore dell’Ilioupersis, uno dei maggiori artisti del periodo.

L’intervento di restauro del cratere apulo è iniziato, in prima fase, con lo smontaggio della incollatura e delle ricostruzioni ottocentesche; procedendo quindi alla pulitura dei residui di colla con numerazione dei più di 60 frammenti. Mentre la fase di ricostruzione ha portato alla ricerca della posizione esatta di ogni frammento e quindi all’assemblaggio con l’uso di resina sintetica. Sono seguite le integrazioni delle lacune per restituire solidità e integrità al vaso.

La ceramica magnogreca, e apula in particolare, a figure rosse è una produzione autonoma che nella fase più antica non differisce, sul piano tecnico, da quella attica dalla quale deriva anche per le decorazioni e per le forme, ma che vide poi un incremento di nuove forme, come il cratere “a volute con mascheroni”.

Il periodo più creativo della produzione ceramica apula a figure rosse viene detto Apulo Medio e datato tra 370 e 340 a.C.: mostra una decorazione ricca ed esuberante, per questo detta “barocca”.

In questo momento si impone sul mercato indigeno la Puglia settentrionale, la cui aristocrazia adotta l’identità culturale e i valori greci e predilige la ceramica decorata con grandiose e complesse iconografie a carattere celebrativo e mitologico. Una figura centrale e di altissimo livello compositivo e pittorico viene riconosciuta nel così detto Pittore dell’Ilioupersis (375-350 a.C.) che seppe dare nuovo impulso allo stile ornato. Egli introdusse alcune novità, come i medaglioni di maschere nel cratere a volute e predilesse soggetti mitologici, dionisiaci, teatrali. Soprattutto viene ritenuto l’iniziatore di un nuovo tema, specificamente funerario, destinato a divenire canonico sui grandi vasi (crateri a volute, anfore, ecc): scene del lato principale con figure raggruppate intorno a un naìskos , o edicola,in cui sta il defunto, e sul lato posteriore l’offerta a una stele.

Vasi di grandi dimensioni, spesso integri o trovati in frammenti ricomponibili, si sono conservati in quanto erano stati deposti in sepolture del tipo a camera ipogea, scavate nella roccia e composte anche da più stanze. In esse ricco era il corredo costituito da armi e soprattutto da vasellame. Quest’ultimo formava il servizio utilizzato nel corso delle cerimonie presso la tomba o faceva direttamente parte del corredo stesso: in una tomba aristocratica di Canosa di Puglia sono stati rinvenuti più di 400 vasi tra dipinti e acromi.

Nel vasellame di corredo spicca almeno una coppia di grandi vasi di prestigio, come i crateri a volute, con scene dipinte figurate, destinati ad arricchire il cerimoniale con espliciti riferimenti alla celebrazione del rango o alla salvezza personale: trasportati trionfalmente nel corteo funebre manifestavano la ricchezza raggiunta dal defunto. Anche il ceto medio non rinunciava ai vasi simbolici. Così, pure in tombe non aristocratiche, il corredo era formato da una coppia di grandi vasi di prestigio, molte coppe per bere, oinochoe dal lungo collo per versare e molto vasellame di uso corrente.

Nella scena raffigurata sul lato principale dei grandi vasi, l’edicola viene considerata come la dimora regale in cui il defunto vive la sua nuova vita nei Campi Elisi; è il luogo in cui viene celebrato il defunto eroicizzato, rinato in un mondo ultraterreno. La sua immagine appare come il ritratto del defunto stesso, sia si tratti di un uomo aristocratico che di una donna di rango. Gli uomini sono accompagnati da armi da parata, simboli di appartenenza a un ceto di rango piuttosto che legati alla reale attività bellica.

Al momento della sepoltura di uno dei componenti della élite politica locale, l’intera comunità si univa per assistere alle cerimonie in cui i vasi, commissionati per l’occorrenza o già in possesso della famiglia, venivano esposti e in parte impiegati nel rituale, quindi sistemati nella tomba. Il funerale era un’occasione per l’affermazione del ruolo politico-sociale rivestito in vita dal defunto e ancora svolto dalla casata di appartenenza.

Sul lato opposto del vaso è raffigurata la tomba con una stele o colonna, decorata da nastri e ghirlande, alla quale personaggi femminili e maschili, in mesto raccoglimento, fanno le offerte funebri. Queste scene sono legate al culto che veniva dedicato al sepolcro dalla famiglia, garanzia di un aldilà beato.